Il 4 luglio scorso, il Cern di Ginevra, Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare, ha annunciato l’osservazione di una particella compatibile con il bosone di Higgs famoso come ‘Particella di Dio’. Esso è stato scoperto nel corso di due esperimenti ‘Atlas’ e ‘Cms’ che ricercavano tale particella con tecnologie diverse e alla fine hanno prodotto lo stesso risultato: la sua energia si esprime tra 125 e 126 GeV, miliardi di elettrovolt e quindi conferma l’ultimo tassello rimasto aperto del ‘Modello Standard’, ovvero la teoria che spiega l’architettura di base della natura.
L’importanza della scoperta dipende dal fatto che il bosone di Higgs, denominato così in quanto la sua esistenza era stata solo teorizzata dal fisico britannico Peter Higgs nel 1964, è la particella che garantisce la massa alle altre particelle subatomiche della materia, della quale anche noi stessi siamo formati. In pratica fornisce l’esistenza alle altre particelle in quanto oggetti materiali. È questa appunto la caratteristica dei bosoni, dal nome del fisico indiano Bose che ne descrisse le proprietà con Fermi, quella cioè di trasportare una forza. Con questa scoperta quindi, sappiamo com’è fatto l’universo visibile, ovvero il 4% in quanto l’altro 96% ci sfugge poiché è sotto forma di materia ed energia invisibili.
Il bosone inoltre, è stato catturato nel superacceleratore Lhc, Large Hadron Collider, un anello di magneti lungo 27 chilometri nel quale due fasci di protoni si scontrano a energie mai raggiunte prima. Gli scienziati però preferiscono rimanere cauti in quanto tutto deve essere verificato. A fine luglio ci sarà una pubblicazione che spiegherà i risultati preliminari presentati dalla scoperta effettuata il 4 luglio, ma saranno necessarie comunque altre misure fino alla fine di quest’anno. Anche se tutto fa pensare che realmente si tratti della particella teorizzata da Higgs; l’identikit corrisponde e se così non fosse allora ci troveremmo dinanzi ad un avvenimento davvero molto strano.
La scoperta è stata presentata alla comunità scientifica del Cern, all’interno del suo auditorium, dall’italiana Fabiola Gianotti, portavoce dell’esperimento ‘Atlas’ e dall’americano Joe Incandela, portavoce invece del progetto ‘Cms’. In sala c’era anche il fisico Peter Higg, visibilmente commosso dalla scoperta della particella da lui teorizzata. In realtà le caratteristiche del bosone sono un po’ diverse da come erano state ipotizzate e presenta delle anomalie che aprono a nuove conoscenze su cui si indagherà nei prossimi mesi. Per stessa ammissione di Rolf Heuer, direttore generale del Cern. “Proprio le nuove anomalie intraviste nel bosone di Higgs, potrebbero costituire l’anello di congiunzione con la realtà che ancora ignoriamo, per questo abbiamo raggiunto una tappa fondamentale nella conoscenza della natura”.
Infine c’è un ultima precisazione da fare. Il bosone di Higgs è diventato noto con la denominazione di ‘Particella di Dio’, derivante dal titolo del libro di fisica divulgativa di Leon Lederman ‘The God Particle: If the Universe Is the Answer, What Is the Question?’, pubblicato nel 1993. In realtà tale titolo derivò da una censura da parte dell’editore del soprannome di ‘Particella maledetta’, Goddamn particle, originalmente soprennome scelto dall’autore in riferimento alla difficoltà della sua individuazione. E c’è da aggiungere che lo stesso Higgs non condivide il soprannome con cui è diventata famosa la particella da lui teorizzata.