Scrittore russo, spesso noto con lo pseudonimo di Neponov Ščedrin o, ancor più di frequente, di Saltykov – Ščedrin. All’inizio era impiegato a Pietroburgo al Ministero della Guerra, ma in seguito, essendo stato in contatto con i circoli progressisti, venne trasferito poiché iniziò a scrivere per la stampa occidentalizzante. Dopo aver pubblicato il suo racconto Un affare imbrogliato (1848), lavorò nella sua nuova sede di Vjatka al governatorato poiché, come abbiamo detto, fu sospettato dell’orrendo crimine di “liberalismo”.
Tornato a Pietroburgo, assunse un incarico al Ministero degli Interni, mentre dal 1858 al 1868 svolse quasi ininterrottamente vari incarichi in cittadine di provincia: anche se apparentemente marginale dal punto di vista professionale, questo periodo risultò in verità estremamente fruttuoso per lo scrittore che era in lui, poiché i personaggi che popoleranno le sue storie saranno proprio mutuati da queste realtà tanto sfaccettate e iridescenti, quanto catastroficamente ricolme di miseria. Fu così che, sin dal 1868, egli si dedicò esclusivamente all’attività letteraria. Saltykov diresse anche, insieme a Nekrasov, “Gli anni patrii” (soppresso nel 1884); questa attività gli valse grande fama tra i pensatori di orientamento radicale.
La maggior parte delle opere di Saltykov godé di grande fama tra i contemporanei, grazie ad una stupefacente abilità nel ricostruire, da un punto di vista a metà tra la satira e il quadro di costumi, le realtà storico-sociali del tempo. Abbiamo così preziosi affreschi satirici della burocrazia (“Schizzi provinciali”, 1856-57; “I Pompadour e le Pompadour”, 1863-73), della situazione imperiale russa (“Storia di una città”, 1869-70), della nuova classe di funzionari cosiddetti “illuminati” e dell’avida borghesia mercantile (“I signori di Taškent”, 1869-77).
I temi di queste opere, che abbiamo elencato così liberamente, vennero trattati all’epoca con una tecnica tanto antica quanto efficace: essi furono mascherati infatti grazie all’ausilio dell’espediente allegorico-favolistico, già applicato millenni prima da Esopo, e risultato ancora una volta efficace.
Il masterpiece di Saltykov fu però “I signori di Golovlëv” (1880), storia della dissoluzione di una famiglia della piccola nobiltà terriera, divorata dall’avidità e dall’abuso di alcool. Negli ultimi anni della propria vita si alternarono scritti autobiografici dal sapore quasi cronachistico e scritti della sua vita in provincia (“Le antichità di Pošechone”, 1890) a composizioni di tipo lirico (“Favole”, 1880-85).