Sapeva di dover smettere, sapeva che prima o poi l’avrebbe pagata cara, era però davvero più forte di lui. Durante il giorno riusciva a controllarsi, talvolta dormiva talmente a lungo da potersene dimenticare al risveglio, ma poi al crepuscolo riapparivano violenti i suoi fantasmi, il desiderio si faceva incontrollabile e la brama così violenta che gli pareva di perdere la rotta. Si muoveva in circolo, su e giù su e giù, sapeva che non avrebbe potuto resistere a lungo, l’attrazione era viscerale, animale, primordiale eppure nuova. Folle. Tremava, soffriva al punto da ignorare i morsi della fame e sentiva solo veleno scivolargli addosso. Lo definivano “inutile” e lo scacciavano ovunque andasse. Reietto. Desiderava contatto e se lo prendeva senza chiedere e questo appariva intollerabile, eppure come non capissero, loro, gli altri, che lui ne aveva bisogno questo gli risultava inconcepibile. Insensibili. Forse per questo, più che per predisposizione, era scivolato nella dipendenza, continuava a ripetere lo stesso gesto pur conoscendone bene la pericolosità, altri prima di lui erano morti sotto i suoi stessi occhi. Sentiva odore di sangue sul corpo e non ne ricordava la provenienza, gli capitava oramai sempre più spesso di dimenticare, era ridotto uno straccio ma qualcosa lo manteneva in vita. Che razza di vita. Sentire il calore arrivargli in un modo diverso forse avrebbe potuto salvarlo, se lo raccontava spesso emettendo suoni insopportabili, un lamento che non riusciva a fermare. Viveva in un posto terribile, l’umidità, lo sporco lo circondavano e, vista la lordura del suo animo, tra tutto quel lerciume si sentiva perfettamente a suo agio. Aveva provato a smettere ma il richiamo ululava e lui, da bestia, non poteva che rispondergli, cedere alle lusinghe dell’ammaliante sirena, urlarle arrivo come una sposa che si avvia all’altare, rendendosi conto solo alla fine di essere vestita di nero, come la notte. Lutto. Per ore si mosse, giacque solo quando fu sfinito, temendo i rintocchi delle campane annuncianti la sua ultima ora, temendo le sue pulsioni, temendo se stesso. Avrebbe voluto nascondersi e scomparire, stramazzare al suolo ricongiungendosi con la terra, finalmente in pace. L’istinto di sopravvivenza era però troppo forte, doveva mangiare, saziarsi colmando il suo bisogno, sperando che tutto potesse essere semplice almeno una volta, che l’aggressione di quella notte si svolgesse senza intoppi e distrazioni, l’avrebbe presa in silenzio, sperava che lei non reagisse, non lo sopportava e, se fosse stato fortunato, l’avrebbe magari trovata addormentata, al buio e si sarebbe colmato. Privo. Invece no, era sveglia ma lui non ne poteva più, doveva rischiare, si avvio verso di lei, sarebbe durato tutto un attimo, il tempo d’una puntura. Invece no, vide l’oggetto del suo desiderio chiamarlo, quella stronza l’aveva sistemato lì proprio per lui, chiuse gli occhi ma non poté resistere, la luce, tutta quella luce, fu un attimo, un brusio…. Morte.
Zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz
Frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr
Susan alzo la testa solo un attimo quando sentì il rumore del fornellino elettrico appeso sulla sua testa, le dispiaceva per quelle bestiole, in particolare per le falene, ma le zanzare, le inutili zanzare proprio non le sopportava. Chissà poi perché erano così attratte dalla luce…