Mi sa che è questo il mio limite: mi mancano le conclusioni, nel senso che ho l’impressione che niente finisca mai veramente. Io vorrei, vorrei davvero che i dispiaceri scaduti, le persone sbagliate, le risposte che non ho dato, i debiti contratti senza bisogno, le piccole meschinità che mi hanno avvelenato il fegato, tutte le cose a cui ancora penso, le storie d’amore soprattutto, sparissero dalla mia testa e non si facessero più vedere, ma sono pieno di strascichi, di fantasmi disoccupati che vengono spesso a trovarmi. Colpa della memoria, che congela e scongela in automatico rallentando la digestione della vita e ti fa sentire solissimo nei momenti più impensati.
Diego de Silvia, autore napoletano, scrive il romanzo Non avevo capito niente, la storia di Vincenzo Malinconico, un avvocato che a conti fatti avvocato non è se non per riempire il vuoto della sua vita. Una ex moglie, due figli adolescenti ormai lontani dal suo modo di vivere, una vita di rimpianti e di ricordi e dei nuovi mobili, nel suo nuovo appartamento, coi suoi nuovi amici. Prende la vita con autoironia, una sorta di personaggio tragicomico che riesce a vedere nel niente qualcosa e nel tragico il divertente. Poi le cose cambiano: nuovo incarico che lo vede difensore di un camorrista, nuovo amore in tribunale e di Vincenzo, l’uomo semi-ex, semi-avvocato, semi-sognatore rimane la leggerezza e la filosofia di prendere la vita come viene. L’arte di arrangiarsi direbbe qualcuno…. in effetti Vincenzo si arrangia a fare l’uomo in un mondo che incanta e insieme stordisce, che regala dolci a chi ne ha già mangiati tanti lasciando a bocca asciutta tutti gli altri. Diego de Silvia è stato in grado di riportare le tematiche dell’inadeguatezza umana in un libro leggero e frizzante, che pur toccando alcuni problemi di importante portata, non è finito col diventare uno di quei lavori sofisti e poco quotidiani. Ci si riconosce nell’avvocato sognatore, nei suoi guai e nelle sue gioie e si impara da lui a pensare che non importa se il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno, l’importante è che il bicchiere c’è! In una Napoli di vicoli, camorra, sole e risate, il protagonista si muove con scioltezza e sagacia, un filosofo di strada che non rincorre sogni e allo stesso tempo non li lascia andar via. Nel limbo del suo ” si può / si deve/ è così”, Vincenzo si concede del tempo per scoprirsi e scoprire che le cose accadono senza che su queste si possa esercitare un tipo di controllo, che non bisogna aspettare il momento perché potrebbe non arrivare mai e che i colpi di scena non vengono annunciati da scene di teatrale evidenza ma al massimo fanno un piccolo rumore…
Ho riflettuto molto, in questi giorni. E la sai una cosa? Non ho capito niente.