Sam è montata sul retro del pick-up, con indosso solo il suo vestito da ballo. Ha detto a Patrick di ripartire, e lui aveva quel sorriso stampato sul viso. Immagino che per loro non fosse la prima volta.
Ad ogni modo, lui ha schiacciato a tavoletta e, appena prima di imboccare la galleria, Sam si è alzata in piedi: il vento trasformava il suo abito in onde oceaniche. Quando siamo entrati nel tunnel, ogni suono è stato risucchiato dal vuoto: c’era solo una canzone che usciva da una cassetta nell’autoradio. Una canzone molto bella, intitolata “Landslide”. All’uscita dal tunnel Sam ha lanciato un urlo, un urlo di gioia: ed eccola lì, la città. Luci e costruzioni, e tutte quelle cose che ti lasciano senza parole. Sam si è seduta e ha cominciato a ridere. Patrick ha riso. Io ho riso.
E in quel momento, giuro, ci siamo sentiti infiniti.
Capita, a volte, di scoprire che un piccolo capolavoro, di cui non eri a conoscenza, sia passato dalle mani di un lettore all’altro, già molto tempo prima che tu lo scovassi in quell’angolo di una libreria.
Questo, ad esempio, è il caso del best-seller “The Perks of Being a Wallflower” (letteralmente “i vantaggi di essere una carta da parati”).
Perché Stephen Chbosky, diversamente da quanto si potrebbe pensare (è in arrivo una pubblicizzatissima versione Hollywoodiana), ha dato vita alla storia di Charlie, già nel 1999. Pubblicato nel 2006, solo un anno dopo il New York Times si è accorto della sua presenza.
Passato tra le grinfie di milioni di teenagers americani, il libro ha raggiunto il successo grazie al passaparola di adolescenti rapiti dalla sensibilità, dalla dolcezza e dalla disperata malinconia di questo racconto.
Ma le lettere di Charlie, indirizzate ad un amico lontano che non ha mai conosciuto, oltrepassano i confini delle problematiche di un quindicenne, per esplorare il sentiero più profondo e complicato della diversità.
Quasi osservasse il mondo dal buco di una serratura, Charlie descrive con estrema sensibilità il gioco di complicate relazioni della sua famiglia, l’affetto per i genitori, l’ammirazione per il fratello.
Ma, soprattutto, descrive il totale abbandono con cui si aggrappa all’amicizia di Patrick e Sam.
Come fossero l’unica àncora di salvezza per sfuggire dal buio profondo, Charlie ricerca nell’amore puro dell’amicizia, la salvezza contro il male in cui è sprofondato.
Ciò che più rapisce nella storia, è la semplicità del linguaggio con cui Chbosky descrive situazioni, che altrimenti apparirebbero pesanti e difficili. Al contrario l’ingenuità di Charlie, la limpidità delle sue emozioni, conduce inconsciamente il lettore a percorrere la sua stessa strada, per arrivare ad un punto in cui la verità non si svela semplicemente nei fatti, ma anche nella natura stessa della vita adulta.
In bilico continuo tra equilibrio e pazzia, tra normalità e diversità, Chbosky ripercorre la crescita individuale di Charlie attraverso le letture di Harper Lee, Kerouac, Salinger, Fitzgerald, sullo sfondo del “Rocky Horror Picture Show”, quasi a segnare, simbolicamente, la linea di confine tra lo spettacolo e la realtà.
La traduzione italiana “Ragazzo da parete”, non rende esattamente il significato dell’originale, che riprende una frase all’interno del libro stesso.
Charlie assorbe gli avvenimenti, come una carta da parati osserva la vita degli altri svolgersi, sfuggendo il segreto più grande, che nasconde anche a se stesso.
Ma non rivelerò questo segreto, perché questa storia va gustata fino in fondo, e percorsa passo dopo passo.