Immaginate di nascere nel 1947, a cavallo del duplice mandato di Getúlio Vargas, in un Brasile nazionalista e conservatore da poco affrancatosi dal latifondismo, visceralmente legato alla Chiesa Cattolica e ancora lontano dalla democrazia modernamente intesa. Immaginate di nascere con un carattere forte e volitivo e una personalità insofferente alle costrizioni, in una famiglia borghese e devota, legata alle tradizioni e al rispetto delle regole. Immaginate che i vostri genitori decidano di mandarvi a scuola in un convento gesuita, e che la vostra ribellione sia interpretata come inconfondibile sintomo di pazzia.
Immaginate allora che a vent’anni vostra madre si convinca della vostra follia al punto da richiedere un intervento medico. Immaginate di trascorrere un anno in un ospedale psichiatrico dove ancora si perpetra la barbarie dell’elettroshock, e di pagare il prezzo della libertà con la promessa di assecondare il volere paterno intraprendendo un percorso di studi in economia.
Provate a immaginare di vivere questa vita, e avrete un quadro completo di come Paulo Coelho ha vissuto la sua adolescenza. Fino al 1970, anno in cui prese finalmente la decisione di abbandonare il Brasile per viaggiare e conoscere il mondo, come sognava di fare fin da quando era bambino. Durante i suoi vagabondaggi incontrò il poeta ribelle Raul Seixas, aderì alla cultura hippie e fu convinto sostenitore della lotta al capitalismo. Furono anni di fervente attività intellettuale durante i quali compose canzoni e si dedicò alla magia nera, pubblicò strisce satiriche e si immerse nel giro della droga, fu arrestato come sovversivo per la sua attività politica e infine trascorse un anno a Parigi, per poi tornare in Brasile, a lavorare come produttore televisivo e a divorziare dalla prima moglie.
Ha un animo sensibile e ispirato, Paulo Coelho, e un talento innato per la scrittura. Il suo primo premio letterario lo vinse quando era ancora un ragazzino, in un concorso scolastico di poesia. Una sensibilità che, per la fortuna dei milioni di lettori che continuano a leggere i suoi romanzi come libri-guida, fiaccole che segnano il percorso e accompagnano il viandante illuminandone i passi lungo l’oscuro e a volte impervio cammino della vita, anziché appassire sotto le intemperie socio-culturali e i drammi privati, ne è uscita invece acuita e rinsaldata, colorandosi di un tocco mistico e evocativo.
L’altro ingrediente indispensabile del successo di quello che oggi è uno dei primi tre scrittori più letti e tradotti al mondo è l’incontro con J., l’Alchimista cui è dedicato l’omonimo romanzo. Una figura misteriosa incontrata durante un viaggio in Europa che dà una svolta radicale alla vita dello scrittore, riconvertendolo al cristianesimo. A 38 anni Paulo Coelho percorre, ispirato da quello che diventerà il suo mentore, il Cammino di Santiago, pellegrinaggio medioevale che dalla Francia attraverso i Pirenei arriva fino alla costa atlantica della Spagna. Un’esperienza che gli cambia la vita, riavvicinandolo al misticismo della religiosità e a una spiritualità che individua il sacro nelle esperienze delle persone comuni. È un ritrovarsi e un ri-conoscersi che racconterà nel suo primo romanzo (1987), O diario de um mago, tradotto in Italia col titolo Il cammino di Santiago. A cui seguirà il successo de L’alchimista (1988), esploso nel 1990, a due anni dalla pubblicazione, che consacra Coelho come scrittore internazionale diventando uno dei best-seller più letti al mondo e in assoluto il romanzo di maggior successo che sia mai stato scritto in lingua portoghese.
Dagli anni ’90 in poi la carriera dello scrittore brasiliano è un climax ascendente: nel 1994 pubblica Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto, seguito da Veronika decide di morire (1998) e Il diavolo e la signorina Prym (2000), che chiudono la trilogia “E nel settimo giorno”, che racconta storie di tre persone comuni che nell’arco di una settimana affrontano l’amore, la morte e il futuro. Nel 2003 arriva il successo di Undici minuti, seguito a ruota da Lo Zahir (2005), fino ad arrivare alla Strega di Portobello (2007) e all’ultimo romanzo del 2011, Aleph.
Ma nonostante il successo Paulo Coelho resta un uomo semplice, non si monta la testa. Continua a svegliarsi presto al mattino, a fare lunghe passeggiate e a praticare il kyudo, disciplina orientale che unisce la pratica del tiro con l’arco alla meditazione. Sedotto dal potere del web, da qualche anno mette i suoi libri a disposizione di tutti pubblicandoli gratuitamente su internet. Con 130 milioni di copie vendute in 150 paesi e tradotti in 61 lingue certo se lo può permettere, ma il suo scopo è quello di trasmettere un messaggio, un’emozione, regalare un’esperienza e un amabile ricordo.
Dare un giudizio critico alla sua opera è difficile. I critici lo lodano per il suo stile filosofico, semplice e accattivante insieme. C’è chi ne abbraccia in pieno la filosofia e lo considera un profeta incontestabile e indiscusso. Ma c’è anche chi lo giudica uno scaltro imbroglione e un genio del marketing. L’unica certezza è che Paulo Coelho resta uno scrittore difficilmente inquadrabile e fuori dagli schemi, estraneo ai toni grigi e alle sfumature. O si ama o si odia. E noi, Paulo Coelho, lo amiamo. Con parsimonia, ma lo amiamo.