Centinaia di grossi volumi sono stati scritti sul tempo in cui i corpi venivano trasformati in sapone per mantenere pura la razza ariana, tuttavia credo sinceramente che questo smilzo volumetto troverà una sua collocazione duratura negli scaffali delle librerie
[Londra, 1976]. Sono parole di Arthur Koestler, lo scrittore di origine ungherese autore di una breve quanto celebre introduzione a L’amico ritrovato.
L’opera, apparsa nel 1971 negli Stati Uniti e presto tradotta in tutto il mondo, fa parte della Trilogia del ritorno, insieme a Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore.
Tuttavia, è ad essa che spetta la gloria maggiore. L’amico ritrovato è il testamento letterario di Fred Uhlman, nato a Stoccarda nel 1901 e morto a Londra nel 1985. Ovunque la critica non ha risparmiato di tessere le lodi del piccolo capolavoro, uno dei testi più famosi che la cospicua letteratura sulla seconda guerra mondiale abbia partorito. Libro, racconto, novella – lo si chiami come si preferisce – L’amico ritrovato è una di quelle opere a cui non bisogna trovare altro senso a quello che, immediatamente ed intuitivamente, si percepisce. La scrittura è semplice e scorrevole, e questa evidente caratteristica ha fatto del libro in questione un classico per lettori di tutte le età, dai tredici anni in su.
La trama è tanto breve quanto intensa, e porta alla ribalta la storia di un’amicizia nata sui banchi di scuola tra due sedicenni, Hans Schwarz e Konradin von Hohenfels. Il primo è figlio di un medico, il secondo invece il rampollo di una nobile famiglia aristocratica. Ma entrambi frequentano la stessa scuola esclusiva, entrambi vivono tra i privilegi la loro adolescenza. Adolescenza che, ben presto, avrebbe perso la spensieratezza tipica di quell’età: Hans è di origine ebraica, e queste radici, in Germania, nell’anno 1933, suonano come una terribile minaccia per la nazione. In preda ad un furore e ad un entusiasmo che, ancora oggi, lascia non pochi punti interrogativi, il popolo tedesco si sta consegnando nelle mani di Adolf Hitler e del suo nazionalsocialismo antisemita.
C’è da tener presente che L’amico ritrovato nasce da ricordi personali dell’autore, che trovano un riscontro in Storia di un uomo, l’autobiografia di Uhlman, il quale ha vissuto in prima persona, e sulla propria pelle, l’atmosfera di quei terribili anni.
Tra Hans e Konradin nasce una delle amicizie più belle, innocenti e celebri di tutta la storia della letteratura. La loro è prima di tutto un’affinità spirituale. Ma le cose ben presto cambiano: Hans comincia a divenire il bersaglio di quell’antisemitismo propugnato dal nazismo; i compagni di scuola (influenzati anche dal filo-nazista professor Pompetzki) cominciano a relazionarsi con lui in maniera diversa, e la vita – a soli sedici anni – comincia a fare i conti con la Storia. Konradin e la sua famiglia aderiscono alla nuova ideologia, e Hans è costretto ad emigrare negli Stati Uniti, perdendo qualsiasi tipo di contatto con un mondo che non gli può più appartenere.
Anni e anni dopo, Hans si ritrova, quasi per caso, a fare i conti con il suo passato, che intanto ha evidentemente cancellato e rinnegato. Scopre che quasi tutti i suoi compagni di classe sono morti. Inizialmente, non ha il coraggio di vedere se, tra quei nomi, c’è anche quello dell’unico vecchio amico. Poi, finalmente, si fa coraggio:
VON HOHENFELS, Konradin, implicato nel complotto per uccidere Hitler. Giustiziato.
Konradin aveva complottato contro il Fuhrer. In quei pochi secondi, in quella piccola frase, si è ritrovata l’Amicizia.