Venivano saccheggiate le interiora del marciume legnoso.
Si insinuavano spighe, trasportate dai venti della cessata stagione: l’anteriore verbo, senza lingua di mucca, della suina estate. Inverno nelle case bruciate. Da lontano lui sparlava del legno, da lontano la gentaglia smontava innaffiatrici, ed il borbottio dello schifo oleoso, tra i bastardi cilindri ferrosi, sputazzava simil-tabacco, simil-sangue tubercolotico, simil-anima ammalata, simil-latte ripescato da un frigo spento: puzza di bruciato. I resti dei montoni si sbriciolavano, e nel contrappasso dell’oggetto contro il divino, immolato alle fiamme, le urla dell’animale si ammantavano delle risa dei macellai appoggiati alle tremolanti travi, allacciate al tetto squamoso. Impiastricciata la volta notturna, di sperma di fiamme, le coppie del vicinato sbocciavano di labbra tumefatte ( il carbone s’era spaccato sulle righe d’esse, s’espandeva- come olio in acqua santa spiaccicata didentro bottiglie di plastica a mò d’acquasantiera- dispiegandosi in forme d’aratro smontato), ed omaggiando le salme delle vecchie notti di sesso, invocavano la povertà d’una casa bucata, sbucando dai cespugli secchi chè lottavano controvento poltrendo, e remando, e muscolarmente svenati, stupravano le vene linfatiche d’un verde ora smerdato, mucillagginoso, di muco melmoso… forse di vecchio o di ragazzo abortito, dalla sua età mancata. Le camicie, impigliate agli stendibiancheria, filavano, discendendo dal punto più alto della fantasmatica linea fumosa, poi smembrando la fanteria immateriale tracciata dallo scacchiere ( incenerendo una regina spiritata, smorta nel moto-statico della tossicità dell’ossigeno), e nelle tossi conglobanti la raucedine della massa carnivora, tramite un espettorante, fantasticamente somministrato da medici di cotone, si liberava una manica sfilettata dalla doppia dentatura bruciante dei lapilli: a 1000 miglia un crick sollevava auto in panne, il guidatore avvertiva bruciacchiarsi, immobile, la punta del neo; fari obliqui accecavano la fiamma sul viso, il Nessuno s’era fatto uomo ed il fuoco s’era spostato nel culo marrone del diavolo.
L’incendio viene affittato dall’immobilismo dello stupore odisseiano d’un uomo-ritratto… cristianizzato dal fato cattolico di un dolore involuto. Arrivato! Quindi stazionato in un frammento di carne “tolta dai non-peccati del mondo”. Amen nell’inferno del fuoco casalingo, amen.
Tremavano le lamette infisse nella gomma sciolta: suppurazione ed accumulo di peli dentro le scarpe… incendianti anidride carbonica irrespirabile. Caotiche pompe saettanti acqua contro finestre ed (udibili) asettici e ginnasiali amori del bambino, trafitto da linguacce ludiche, verso il Salvatore-Con Cappello Rosso: il Cristo con i guanti forati, con il sangue nero pece, con il sangue cosparso sulla fronte del bambinello salvato, con il sangue americano iniettato per via nasale nel corpus domini del futuro-morto, con il sangue svuotato di calore e riempito di argento giudaico, con il sangue di HIV abbattuto come un mulo svampito eppoi ammattito da un martellio metallico di semafori liturgici. Due siamesi handicappati rincorrevano topi con il pelo carbonizzato (chè Il Dio Ratto li soffochi con trippa guttiforme, ed una cervicale ad oltranza disossi i loro corpicini, pasto frugale di Bif!), trascurando, con lassismo rettile (fintamente losco e nervosamente scoppiettante), la morte della casa di Breece. La città vicina, aissava fuochi con pistole rosse, le bandiere orinavano, bucate, sbagliando la mira, flambes di diavolina inacidivano il patriottismo di coloro che appuravano il fallimento dell’America pel tramite di carta zuppa di aceto infuocato: bollivano gli occhi e le ugole starnazzavano; cartine arricciate limonavano con le gole ululando, arcuate, sino allo stomaco. Bruciato, sbucciato, bruciato! Gentilmente planavano caleidoscopici sturalavandini, come scoppiati in sacchetti di mais ribelli (la scoppiatura dell’impianto fognario dell’abitazione), sorvolavano, presso cimeli riminati in casse da morto aperte, attenti alla caduta della croce, la casa con la croce. La Pietà della casa, la visione della famiglia sciolta nell’errore del vizio dello schiaffo- la beltà dello sgambetto al Nazareno americano-, il coniglio coltivato nella stessa animica condizione di rilassatezza d’una sega mmucciata dal ditino del figlio…