È stato un vero e proprio caso letterario, sia per il contenuto (a cui si legano vicende biografiche) che per la data di composizione: stiamo parlando del Corbaccio, l’ultima opera di Giovanni Boccaccio.
Partiamo dal secondo interrogativo, su cui in realtà c’è ben poco da dire. Poche, infatti, davvero poche le informazioni dalle quali si può ricavare l’anno di composizione dello scritto: la filologia aveva individuato il 1355, ma di recente Giorgio Padoan ha proposto (in modo abbastanza convincente, sulla scorta di riferimenti interni al testo) una data intorno al 1365. Usciamo dunque dall’impasse collocando la composizione del Corbaccio tra la prima e la seconda data.
Sul contenuto l’autore del Decameron ci ha spiazzato tutti. Anche sul titolo dell’opera ci sono delle ombre, ma sembra che esso faccia riferimento alla figura del corvo, denominato in senso dispregiativo con il fine di accentuare gli aspetti legati alla maldicenza, la cattiveria e l’aggressività tipiche dell’uccello.
Il testo in prosa narra una singolare avventura dell’autore-protagonista. Torturato da un amore non corrisposto per una vedova, Boccaccio sogna di trovarsi in un deserto, che egli chiama Laberinto d’amore o anche – ed è tutto un programma – Porcile di Venere.
Non è ancora molto tempo passato che, ritrovandomi io solo nella mia camera, la quale è veramente sola testimonia delle mie lagrime, de’ sospiri e de’ rammarichii […] m’avvenne che io fortissimamente sopra gli accidenti del carnale amore cominciai a pensare […] . Amaramente cominciai non a lagrimare solamente, ma a piagnere.
Comincia così, dopo una breve premessa, la narrazione dei fatti vera e propria. In questo stato di afflizione totale, all’innamorato appare il defunto marito della donna, il quale si dilunga a mostrare allo scrittore vizi, difetti e ipocrisie dell’ex moglie, che viene così dipinta come una donna malvagia, cattiva, quasi “bestiale”, pronta a tutto per ottenere ciò che vuole. La condanna della donna si estende, naturalmente, a tutto il genere femminile.
Il defunto evidenzia inoltre come l’amore non si convenga ad un uomo dell’età di Boccaccio, che dovrebbe invece innalzare lo spirito attraverso gli studi.
L’ultima opera del grande prosatore toscano segna così una rottura nel rapporto con il pubblico: oltre ad essere originale, il Corbaccio è palesemente misogino. E questo suona certamente inaspettato per un autore, come Boccaccio, che aveva sempre avuto un rapporto molto stretto con l’universo femminile: alle donne egli si rivolgeva con le sue opere, e per lo più femminili erano i grandi personaggi della letteratura boccaccesca, in primis del Decameron.
Cosa c’è dunque all’origine di quest’ultima invenzione? Probabilmente un intreccio di diversi fattori: turbamenti religiosi, il desiderio di ingraziarsi un altro tipo di pubblico, uno sfortunato amore senile che aveva, evidentemente, lasciato il segno.
Di fatto, il Corbaccio segna l’ addio al mondo delle corti e dell’Amore.