[…]Non ci sono domande nella mia vita. Amo l’acqua, la sua densa trasparenza, il verde nell’acqua e le mute creature (muta sarò presto anch’io!), i miei capelli, tra quelle, nell’acqua…l’umida barriera tra me e me…
Voi uomini, voi mostri, voi mostri di nome Hans! Ogni volta che attraversavo la radura e i cespugli si aprivano… mi imbattevo in uno di nome Hans
Ondina se ne va (Undine geht) è un racconto della scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann, una delle protagoniste della letteratura tedesca del secondo Novecento, pubblicato nel 1961. La storia ruota intorno alla figura di Ondina, una sirena, perennemente in conflitto con le sue due nature, quella di pesce da un lato e quella di donna dall’altro.
Rispetto alle storie di sirene, il cui universo è stato a lungo visitato e descritto nella letteratura, la Bachmann fa un passo avanti: la sua protagonista infatti vive nell’acqua e sogna la terra, cercando di riscattarsi dalla sua stessa identità, che la vede ammaliatrice di uomini e seduttrice di cuori; Ondina vuole “sentire” l’amore, vuole vivere quello che le viene proibito dal suo stesso essere, l’impossibile unione di un essere umano con uno soprannaturale. Amata dunque dagli uomini, capace di far leva sulle loro menti, di renderli vittime della sua bellezza, ma perennemente legata al mare, alla sua natura acquatica e fluttuante e perciò abbandonata dagli uomini stessi.
Ondina è una donna; Ondina è un pesce, cuore e lische, mare e terra… La sirena ha imparato a vivere nel “per sempre” e “per sempre” da sola.
Anche nel profondo del mare però, anche nel silenzio tranquillo degli abissi, il suo cuore batte e cerca di ribellarsi al suo destino. Incontra un uomo, Hans, se ne innamora; decide di seguirlo sulla terra, vedendo in lui la personificazione dell’amore e sperando di poter porre fine alla sua solitudine. Inizia la sua nuova vita, quella umana; Ondina si trova a fare i conti con l’imperfezione che appartiene a chi ha le gambe anziché le lische. Il suo Hans non è poi così uomo e l’amore non a tal punto profondo da far in modo che per lui lei sia la sola e l’unica della terra ( e del mare! ): di fronte a un marito fedifrago, la sirena, diventata donna, moglie, a lui devota, non può che tornarsene nel suo mondo, nel mare tranquillo e solitario dove le parole non sono buttate al vento, dove le promesse non vengono fatte se non per essere mantenute, dove il conflittuale e sbilanciato rapporto tra i sessi non esiste.
Ondina se ne va perché sceglie di andarsene, di ritornare al suo mondo dopo aver invano cercato il suo Hans, l’uomo perfetto di cui innamorarsi perdutamente: la perfezione non è umana e spesso insensibile; cercava Ondina, di sfuggire all’amica solitudine finendo con l’avere come compagne sofferenza e dolore. L’ultima parte del racconto sa di invettiva femminile contro il genere maschile: uomini bruti, uomini vittime delle convenzioni sociali, falliti e deboli; il tutto esposto sotto forma di monologo, grido liquido e muto della sirena, tornata tale.
Ondina se ne va, da una finta realtà, di luci, suoni e colori effimeri, di baci poco profondi, di momenti che non meritano di essere ricordati…
Non avevo bisogno di essere mantenuta, non pretendevo dichiarazioni o promesse solenni, solo aria, aria notturna, aria costiera, aria di confine, per poter ogni volta riprendere fiato per nuove parole, nuovi baci, per una confessione senza fine: Si, Si.