Non si può certo dire che sia passato inosservato il tentativo di colpo di stato messo in atto da Catilina alla fine del 63 a. C. Ne parlano a lungo Cicerone (nelle quattro Catilinarie e non solo), Svetonio, Plutarco, Cassio Dione.
Ed è facile capire il perchè. L’episodio della congiura è stato un momento cruciale nella storia di Roma: ha segnato uno dei momenti di massima crisi delle istituzioni repubblicane, ed è stato vissuto con grande partecipazione dai contemporanei.
Anche Sallustio non si sottrae alla narrazione dell’evento, costruendo una delle più celebri monografie della letteratura latina. Lo storico di Amiterno (una città della Sabina orientale vicino all’odierna Aquila) scrive l’opera – è il suo esordio – tra il 43 e il 41 a. C., in anni molto tormentati dal punto di vista civile, militare e politico.
Nel corso del tempo, i codici hanno tramandato principalmente il titolo Bellum Catilinae e De coniuratione Catilinae. E i due vocaboli latini fanno esplicito riferimento ai momenti dell’azione di Lucio Sergio Catilina: dapprima la trama beffarda ai danni dello Stato, poi l’allestimento di un vero e proprio esercito per muovere guerra alla Repubblica.
Sono ben sessantuno i capitoli dell’opera. In essi, Sallustio sostiene con convinzione la tesi secondo cui la storia di Roma è spaccata a metà: lo spartiacque è costituito dalla presa di Cartagine nel 146. Prima di questa data dominavano i buoni costumi, che l’autore identifica principalmente nell’integrità morale, nel valore militare e nella concordia civica; dopo hanno preso il sopravvento i vizi che hanno condotto alla degenerazione: l’ambizione spropositata, l’avarizia, la tracotanza, il desiderio smanioso del comando. Alla luce di tutto questo Sallustio legge ed interpreta l’evento della congiura ordita da Catilina, che diviene così il “prodotto” naturale di un’epoca.
E la colpa? Chi sono i principali responsabili, gli artefici che hanno agito dietro le quinte? Sallustio risponde a questa domanda scagliandosi con particolare foga contro gli aristocratici e i nobili decaduti, nonchè contro tutti i populares, i demagoghi pronti a sfruttare il malcontento popolare e a infiammare la plebe con facili promesse.
Meritano infine una menzione i celebri ritratti dell’opera monografica di Sallustio, che coerentemente con una concezione eroica e individualistica della Storia, dipinge figure e caratteri di straordinario spessore, singolarità in grado di cambiare il corso dei fatti. Sono Cesare, Catone e Catilina. Di indisussa fama l’incipit del ritratto del protagonista:
Lucius Catilina, nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque
Esempio tipico dell’homo sallustiano, nel quale si fondono vizi e virtù.