Secondo quanto sostiene ‘Greenpeace’ in un suo dettagliato rapporto in lingua inglese, ‘The toxic ships: the italian hub, the Mediterranean area and Africa’, una rete criminale avrebbe gestito per anni un traffico illecito di rifiuti pericolosi tra l’Italia ed alcuni paesi poveri, in particolare la Somalia. Ne emerge un quadro agghiacciante, nel quale spiccano figure senza scrupoli, indifferenti alla vita umana, disposti a tutto pur di portare al termine i loro loschi affari. Un giro di faccendieri e società costituite in paradisi fiscali a loro legate, che alleggerivano, per così dire, le industrie del peso di dover eliminare i rifiuti il cui smaltimento legale era troppo danaroso.
E così i rifiuti venivano stipati in container e imbarcati su navi dirette verso Paesi poveri, luoghi dove purtroppo è fin troppo semplice persuadere qualcuno ad accettare gli scarti del mondo in cambio di soldi o peggio ancora, di armi. Se l’affare non si concludeva, si rimediava facendo affondare le imbarcazioni che trasportavano tale materiale tossico, nel mezzo del Mediterraneo e senza che fosse nemmeno inviato una richiesta di soccorso, gli equipaggi di tali navi, scomparivano misteriosamente nel nulla. Al contrario, nel momento in cui l’affare andava in porto, i rifiuti venivano gettati in mare o usati come materiale da costruzione. Nel rapporto di ‘Greenpeace’ sono state anche pubblicate foto che dimostrano come le banchine del porto di Eel Ma’aan, in Somalia, poggino stranamente su container contenenti non si sa quali materiali.
La storia di tale porto è emblematica. Eel Ma’aan, o El Man, è un porto che dista 30 chilometri da Mogadiscio, la capitale somala, e fu fatto costruire nella seconda metà degli anni Novanta dall’imprenditore italiano, Giancarlo Marocchino. Intorno alla figura di Marocchino ruota anche il caso dell’omicidio della giornalista italiana Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, uccisi nel 1994 a Mogadiscio. La giornalista stava proprio indagando su traffici di rifiuti pericolosi e di armi provenienti dall’Italia. Marocchino fu tra i primi ad arrivare sul luogo del delitto, e sostengono alcuni testimoni che sarebbe pure il mandante di quell’esecuzione. Marcello Fulvi, dirigente della Digos romana, scrive in un’informativa del 3 febbraio 1995. “Si comunica che (…) personale di questo ufficio ha avuto un incontro con una fonte di provata attendibilità, la quale ha confidato che mandante dell’omicidio di Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin sarebbe il noto Marocchino Giancarlo”, il quale “avrebbe ordinato l’uccisione della giornalista”.
Marocchino, mai processato e neppure indagato per l’assassinio Alpi, secondo ‘Greenpeace’, avrebbe messo su il porticciolo di Eel Ma’aan “Per creare un’alternativa alla chiusura del porto di Mogadiscio, dovuta a scontri tra i signori della guerra somali” in lotta tra loro per controllare il territorio. E il fatto che, contro ogni consuetudine, l’imprenditore seppellisca montagne di container dentro la banchina, assumerebbe indubbio rilievo leggendo le dichiarazioni trovate dagli ambientalisti nei faldoni della procura di Asti che ha permesso a ‘Greenpeace’ di accedere agli atti sull’esportazione illegale di sostanze pericolose. L’associazione cita testualmente l’inchiesta 395/97, tra l’altro archiviata per mancanza di prove, dove si legge che “Il 15 dicembre 1998, Ezio Scaglione, console onorario della Somalia, dichiarò al procuratore Tarditi che Marocchino aveva detto di poter sistemare rifiuti radioattivi seppellendoli in container utilizzati per rafforzare il molo di Eel Ma’aan”. Ed infine, sempre in una nota pubblicata dall’associazione ed attribuita alla polizia giudiziaria, si legge che “I container interrati nel porto di Eel Ma’aan erano pieni di rifiuti: fanghi, vernici, terreno contaminato da acciaierie, cenere di filtri elettrici”.
Le conseguenze di tale scempio che dura da decenni ormai, sono davvero raccapriccianti: eruzioni cutanee e patologie tumorali colpiscono una percentuale delle popolazioni che vivono nei villaggi costieri somali. Un Paese che è diventato la discarica del mondo anche grazie alla complicità dei governi occidentali che impietosivano l’opinione pubblica con le loro missioni pacifiche volte a stabilizzare un Paese dilaniato dalla guerra sin dagli inizi degli anni ’90 e che invece non esitavano a stipulare patti con i malfattori locali. Centinaia di bidoni d’acciaio pieni di rifiuti speciali di ogni genere venivano fatti affondare in quel tratto di Oceano Indiano per soli 8 dollari la tonnellata, c’è anche chi parla di 2,5 dollari, quando il costo di smaltimento in Europa sarebbe potuto arrivare fino a 1000 dollari….. Per il dio Danaro, tutto diventa possibile.