Strano sentimento l’invidia. Cioè, mi domando in primo luogo di che genere sia: femminile o maschile? Sono cresciuta nella convinzione fosse un sentimento tipicamente femminile, sono diventata donna scoprendo che probabilmente, invece, è più maschile. Perché anni di battaglie femministe ci hanno rese nemiche dei maschi, che provano a confinarci in razza da proteggere con le quote rosa, manco fossimo dei panda, mentre fanno delle battaglie in nostra difesa la loro coloratissima e sbiadita bandiera per mostrarsi più virili.
Già, ma virili de che? Così, quando arriva una donna un tantinello più capace, brava, cocciuta e puntuale di quelle che vorrebbero far diventare panda, la definiscono una strega. Perché non sanno come gestirla, come fosse un ingranaggio fuori posto nell’insieme del sistema che hanno tanto a lungo progettato. E allora l’invidioso(/a) non vede altro che l’oggetto della sua invidia. Tipo: possiedi un luogo in cui discutere? In quel luogo finisce che non discuti di altro che dell’oggetto della tua invidia, ergendolo, nella tua immaginazione, a nemico numero uno, mentre alimenti quell’immagine e le dai forza (santiddio, quante volte verrà a trovarti in sogno, facendoti svegliare sudato e col respiro corto?).
Che poi, a dirla tutta, ci sono tante forme di invidia, e non per forza tutte brutte. Da ragazza, per esempio, mi è capitato di invidiare le mie compagne di classe che il sabato pomeriggio andavano a fare shopping nei negozi alla moda mentre io non potevo permettermelo. E però, per me e per tante altre, questo è stato uno sprone per inventarci uno stile tutto particolare, per non essere definite straccione e vestirci della pelle più adatta. Che strana bestia è l’invidia.
Magari sbaglio, e non è affatto come ho detto. Mica ho la verità assoluta. Quelli invidiosi invece pensano sempre di possederla.
Ecco, non li invidio neanche un po’.