In occasione della festa della donna che ricorrerà fra due giorni, ho pensato di raccontare una storia tutta al femminile. Dobbiamo andare indietro negli anni, e precisamente nel 2003. Nel giugno di quell’anno infatti, Emergency inaugurava ad Anabah, nella valle settentrionale del Panshir, in Afghanistan, il Centro di Maternità. In esso ci lavorano solo donne, e dall’anno di apertura sono state visitate circa 70mila donne, si sono effettuati più di 3.600 interventi chirurgici e sono nati più di undicimila bambini.
In tale Centro lavorano una ginecologa e due ostetriche internazionali e 35 donne locali che hanno ricevuto una formazione specializzata. La struttura ospita 25 posti letto e possiede il reparto di ostetricia, una sala visita, una di ecografia, una sala parto, una sala di terapia intensiva, una stanza di isolamento ed infine gli uffici ed il magazzino. Creare un tale Centro in questa zona del mondo sembrava pura utopia. Il ruolo della donna è ancora molto marginale ed un vecchio detto afgano recita: “Ci sono due posti per la donna, la casa e la tomba”. Inoltre, come si legge nell’articolo scritto da Cecilia Strada, figlia di Gino Strada, fondatore di Emergency, all’interno di uno dei numeri del mensile dell’associazione. “Quando abbiamo incominciato a parlare di questo progetto, amici e colleghi di altre organizzazioni ci hanno cortesemente dato per pazzi: “In un posto in cui le donne devono chiedere il permesso al marito per uscire di casa, voi volete aprire un centro di ostetricia e ginecologia? Se vi va bene sarà deserto, e avrete buttato via dei soldi, se vi va male vi cacceranno a fucilate fuori dal Paese. E’ una follia”. A Emergency, diciamolo, queste follie piacciono”.
E così, dopo aver già aperto un Centro Medico Chirurgico ad Anabah ed un secondo Centro Chirurgico a Kabul, l’associazione ha aperto il Centro di Maternità sempre ad Anabah. Il ministro della Sanità afgana, anch’essa donna, non appena visitò il Centro, commentò “Che bello un posto in cui gli uomini non possono entrare”. Ma non sono mancate le difficoltà iniziali. Il personale locale ad esempio, veniva da Kabul in quanto nella valle del Panshir, nessuna donna lavorava fuori casa e quotidianamente il pulmino di Emergency faceva la spola tra la capitale e il Centro. Si è dovuto combattere anche contro l’opposizione delle autorità religiose locali: il mullah del luogo, nella preghiera del venerdì, aveva vietato a personale e pazienti di percorrere la strada principale per andare e tornare dal Centro, costringendo tutti ad un percorso tortuoso tra le montagne. Inoltre, per le donne, era ritenuto disonorevole lavorare fuori casa e percorrere la strada pubblica per farsi curare.
Poi è incominciato a cambiare qualcosa, la mente delle donne stesse, ma soprattutto quelle dei propri uomini, dei propri padri, dei propri fratelli. Si incominciava a capire che non era disonorevole lavorare fuori casa e che le donne stavano imparando un lavoro qualificato, stavano portando uno stipendio a casa, avrebbero goduto di maggiore stima all’interno dei villaggi di appartenenza ma soprattutto stavano contribuendo al miglioramento delle condizioni di vita delle proprie famiglie. Nello scorso anno sono state assunte le prime donne originarie della valle del Panshir. “E’ una piccola rivoluzione. Ma, soprattutto, è la loro rivoluzione”, ha commentato Cecilia Strada. La chiusura del suo pezzo dice tutto. “Oggi, al cambio turno del personale, le ragazze escono a testa alta dal cancello dell’ospedale. Le bambine della scuola al di là della strada le salutano sorridendo, e ci piace pensare che a farle sorridere sia l’idea che queste ragazze portano con sé: che lavorare fuori casa non sia un disonore, ma una vittoria per tutti. Oggi, le ostetriche e le infermiere afgane che lavorano per Emergency camminano sulla strada principale: con grande orgoglio”.
Tale storia è la dimostrazione che non servono guerre per esportare il cosiddetto pensiero democratico occidentale né tantomeno le rinomate missioni di pace. Il Centro di Maternità ha portato con sé una possibilità di futuro alternativo per queste donne, cosa che qualsiasi guerra, non potrà mai donare a nessuno.