Nel fumo che macchia il buio del corridoio ti pare di vederlo avvicinarsi piano, c’è solo da spaccarsi gli occhi e costringerli a guardare, lui fa il resto…
…di tutte le cose che mi passano attraverso, mi resta il rumore dei suoi passi: “è possibile” mi chiedo “metterci così tanto tempo? E’ solo un piede dopo l’altro…”
Un piede.
E dopo l’altro.
E dopo l’altro ancora, mentre già riemergono le mani dal piatto olio della notte: un attimo prima era solo un’ombra, in un istante s’è fatta persona e giù ad avvicinarsi ancora come in una lenta confessione, giù a strapparsi via ogni cosa dal nulla, braccia spalle gambe petto…
E’ un uomo. Ora lo vedo chiaramente. Nudo, bruno, sulla trentina: viene avanti a passi lenti come se stesse in visita ad un monumento: lo conosco. Piuttosto bene. Tanto che non mi sorprendono la testa alta, la sicurezza esibita e la decisione dello sguardo.
Vedi, Camelia, io ho sempre amato i ricami ben fatti: quel tipo viene verso di me con una lunga lacrima rossa cucita direttamente sulla guancia sinistra, grano a grano, sembra di vedere l’ago che entra nella carne cento volte per disegnargliela..ed è così strano cercare di sfiorare questa cicatrice di cotone, sollevo la mano per toccarla e incontro la mano di quell’uomo.
L’ha sollevata nel mio stesso istante.
Fredda, indifferente. E’ uno scherzo, allontano la mano, lo sfido con un sorriso, prontamente lui ricambia, poi smetto e lui smette, poi ancora sorrido. E lui sempre a fare come me.
Stronzo.
Dal buio alla luce attraverso uno specchio: pensavo volesse soltanto un bicchiere d’acqua in piena notte, Camelia.
Al centro esatto della notte.