Maria arrivò alla porta di casa, aprì e cedette il passo a sua madre. Aveva le scarpe le calze ed i piedi completamente zuppi di pioggia. La mamma entrò, si voltò verso Maria e rimase in silenzio, nell’aria una frase non detta, “Pulisciti i piedi sul tappetino” si fermò sulle labbra serrate in una smorfia. La guardò per un attimo infinito ancora poi si decise ad entrare. Per la prima volta da quando era bambina Maria avanzò lungo il corridoio lasciando orme fangose, ogni passo faceva un rumore disgustoso, lei lo ascoltava attentamente con solo un pensiero nella testa. Si tolse il cappotto nero e lo appoggiò al bracciolo del divano, intanto i piedi cominciarono a gelarsi, li poteva sentire freddi e bagnati. Si sedette e reclinò la testa all’indietro, lo sguardo perso al soffitto e sentì i lacci che gonfi d’acqua andavano sciogliendosi, riprese una posizione più conveniente, così come sua mamma le avrebbe detto di fare solo il giorno prima, frugò nella borsetta. Prese una sigaretta, la prima in vita sua fumata dentro casa, l’accese e tirò lunghe boccate, la cenere finiva a terra nella piccola pozza che stavano producendo le sue scarpe, lasciò che bruciasse fino a farle male alle dita. Provò un sollievo per quella trasgressione, da oggi poteva farlo, un sollievo disgustoso. Prima gli alluci poi tutte le dita presero a farle male, la schiena le sfrigolava bersagliata da brividi di freddo. Si alzò dal divano e rimase in piedi al centro della stanza con quel ridicolo pullover nero, lo aveva messo d’istinto, come se facesse davvero una qualche differenza. Col pensiero scese dal pullover ai jeans scoloriti, lui forse li detestava, così credeva di ricordare, arrivò alle scarpe, senza abbassare la testa di un solo centimetro, solo con la mente. Erano vecchie e consumate, di cattiva qualità, avevano lasciato che l’acqua si infiltrasse tra le cuciture, l’acqua sporca che da ore ormai ristagnava, acqua e terra. Ne fu immensamente grata. Arrivò il buio e Maria decise, avrebbe dormito così, con quelle scarpe luride, le calze ormai poltiglia, i piedi doloranti, forse sperava le sarebbe venuta la febbre. Allora lui, suo padre, un uomo schivo nei sentimenti, avrebbe guardato timidamente da uno spiraglio della porta della sua camera, “Come ti senti?”, le avrebbe chiesto. Lui, l’uomo che amava più di tutti gli uomini che aveva e avrebbe mai conosciuto, sarebbe andato in cucina e le avrebbe preparato una spremuta d’arancia. Il suo modo di dirle ti voglio bene, il loro vocabolario segreto. Poi comprese. Lui non ci sarebbe stato più da quel giorno in poi. Si sfilò le scarpe, tolse le calze, si asciugò i piedi. Solo allora cominciò a piangere.