Ci fu qualche attimo di silenzio. Se non fosse stato per il mio evidente stato di ansia, se fossi stato io, quello vero, e cioè se non avessi attraversato proprio in quei momenti le peggiori vicissitudini della mia vita, mi sarei divertito un mondo di fronte al disagio che stavo causando al mio interlocutore, che non aveva la minima idea di cosa fossi andato a proporgli, e per quale motivo. Mi faceva tenerezza seguirlo nel tentativo di scandagliare la innaturale fissità del mio sguardo alla ricerca di un indizio che gli permettesse di sciogliere quest’inquietudine montante.
Giuseppe Viscardi, scrittore genovese, comincia così il suo primo romanzo “Il casello nascosto tra gli alberi” pubblicato nel 2009; il protagonista è un giovane ragazzo lombardo che d’improvviso, come spesso accade nella vita, perde tutto: Eloisa, la donna che ama; la fiducia nel suo migliore amico e socio, implicato, secondo quanto dedotto dal ragazzo, nella sparizione improvvisa del suo denaro e nella inevitabile bancarotta a cui è destinata la sua ditta.
Preso dallo sconforto, dal senso di svuotamento profondo che attanaglia l’uomo quando, quasi per un sadico gioco del destino, le cose peggiori sembrano giocare a domino ed ecco che caduta la prima ad una ad una vengono giù anche le altre in una sgradevole concomitanza temporale, il giovane vive nelle prime pagine di questo romanzo, momenti difficili tali da fargli accarezzare addirittura l’idea di sparire, dal mondo però, sotto una macchina, giù da un ponte…
Giù da un ponte. Ci avevo pensato. Ma non ebbi mai davvero l’intenzione di farlo. Mi capitava di riflettere sul fatto che qualcuno, nelle mie condizioni, o anche in situazioni meno gravi, se la cavava così. Mi sembrava di essere più forte perchè padroneggiavo questi pensieri, e più debole perchè non ne avevo il coraggio
Pur sentendosi un uomo finito, uno di quelli consci che se la fortuna ti bacia una volta, non torna ad amoreggiare di nuovo con te, decide di prendere in mano le redini della sua vita, di andare a fondo alla questione dei soldi spariti, di rivolgersi ad un avvocato con cui non ha mai avuto rapporti prima, qualcuno lontano dal suo mondo e dai suoi soci che proprio perchè lo conoscevano bene avevano avuto tutti i mezzi per tirargli un brutto tiro; andare via, allontanarsi per un pò è il suggerimento che gli viene dato dall’uomo di legge, che, certo che la situazione nasconda qualcosa di più profondo e pericoloso, invita il suo nuovo cliente a trovarsi un lavoretto nuovo per un pò di tempo e un posto tranquillo e sicuro dove stare. Quel posto, il protagonista lo trova… un casello ferroviario, al riparo da tutto, dove portarci solo i suoi trentasette anni, le sue rughe, il suo cuore rotto e i cocci di una vita lavorativa crollata in meno di un mese. Un salto nel vuoto dove il casello sembrava sposarsi con le sue nuove esigenze: un posto ideale non troppo fuori mano da escludere qualsiasi possibilità di occupazione nè troppo in vista da poter essere scovato e disturbato da “camminatori della domenica, coppiette, malintenzionati.”
Sulle alture della Val Polcevera ha inizio una nuova vita: demolizione di ciò che era stato, rinascita e ricostruzione (anche materiale della sua nuova casa); ed ancora ricerca di un nuovo lavoro tra officine, cantieri e laboratori della zona. Ciò che affascina di più in tutta questa storia è il lavoro che il giovane fa innanzitutto su sè stesso: grinta e volontà per non farsi sopraffare dagli eventi e non lasciare che gli inevitabili rifiuti lo scoraggino : “anche questo stavo cercando con ostinazione; vedere se la lunga e repentina serie di clamorose sconfitte mi aveva messo definitivamente a terra, o se invece, stavo recuperando la capacità di reagire anche ad un no”
Il casello diventerà nel corso delle pagine il vero protagonista di tutto il romanzo e sarà proprio attraverso questa, volendo citare le parole dello scrittore, “casa di bambole “, che l’uomo che fuggiva dai suoi incubi in realtà si rende conto che fuggiva da sè stesso per ritrovarsi, riscoprire, allontanandosi da quel “lui” che non conosceva realmente, ovattato in una vita, in sentimenti e obiettivi che avevano poco a che fare con la sua vera natura e conoscendo davvero l’amore, l’amicizia, la vita.
Lasciando che il finale risulti una sorpresa per tutti, Giuseppe Viscardi ha lanciato un messaggio importante con l’ausilio della penna: la determinazione e la volontà del ripartire da zero, nella speranza che ognuno si senta veramente a casa nel suo casello nascosto tra gli alberi.