Qui di fronte al mare
di fronte al mare
intreccio il mio dolore
con le onde …
Dolore assai crudele per un figlio
che crudelmente mi affidò alle onde:
cieche ombre adesso c’inseguiamo…
Il tufo in sé nasconde i miei sospiri
e nella lunga salsedine rinnova
la mia rovina…
di fronte a me dilaga il racconto
delle onde: la mia voce
con l’acqua si confonde…
mai tace il mio cruccio, la mia spina.
In sonno qualcuno
(Nerone?) mi supplica ghignando
Agrippina Agrippina…
Da sempre questa
bieca eco mi accompagna, mi attanaglia
e la dondola per chissà quanto ancora
il mare… il mare…
Michele Sovente
Parla il fantasma di un personaggio storico a cui la la leggenda e gli aneddoti sviluppati lungo il corso del tempo hanno dato la parvenza di mito: Agrippina.
Le dà la voce un poeta contemporaneo, partenopeo, recentemente scomparso: Michele Sovente.
Monte di Procida il luogo che ha dato i natali a questo artista, vanto non solo per l’area flegrea, ma anche per tutta l’Italia. Poliglotta e versatile, ha dimostrato di essere capace di creare una poesia originale, unica nel panorama letterario italiano.
Rimaneggiando infatti il mito e la storia li ha trasposti sotto forma di versi ricorrendo con abile maestria a tre lingue, sicuramente diverse, ma parimenti degne per la penna di Sovente: italiano, latino e dialetto napoletano, per la precisione puteolano.
Risultato? Testi di straordinaria intensità e di grande raffinatezza formale.
Un egregio esempio proprio questo testo, uno dei suoi componimenti più noti e senza dubbio uno dei più suggestivi. In “Parla Agrippina”, ricompare una delle donne più rinomate della classicità: Agrippina Minore. La celeberrima madre di Nerone prende la parola di fronte al mare a cui quel figlio maledetto l’ha voluta consegnare per sempre.
Il poeta riprende qui una delle tradizioni più discusse della storia antica e si immette nel solco della versione dello storico Tacito secondo il quale la tomba di Agrippina si troverebbe proprio in area flegrea, ta i territori di Baia e Bacoli.
È da quel “tufo” che Agrippina si rianima, lì dove “ la voce si confonde con le acque” e narra la sua rovina, la sua disperazione. È palpabile l’angoscia dell’anima di questa donna a cui la pace è negata anche oltre i cancelli dell’esistenza terrena. Infatti contrastata così crudelmente in vita da quell’unico figlio tanto folle, continua a esserne perseguitata nella morte.
“Agrippina, Agrippina”
L’eco del suo nome ritorna nelle notti inquiete di Nerone che non smette di invocare quella madre di cui, contrariamente a ciò che ardentemente desidera, non riesce a liberarsi, tormentato dalla sua presenza pur materialmente eliminata. Agrippina è allora naufraga tra le onde, intrappolata in quel mare fatale.
Una madre, un figlio: tra le pieghe della loro storia il mare…