Tutte.
Le ho battute tutte.
Mille strade.
Mille volte.
Non l’ho mai più rivista.
Mi resta la pioggia, perché era un giorno di pioggia, quel giorno. Una pioggia sferzante, violenta. Chissà dove sarà, adesso.
Certo non alla festa dove l’aspettavano. E nemmeno in ufficio, dove hanno conservato solo le sue carte. Alla scrivania di mia figlia è rimasto solo quel graffio fatto nel legno, simile a quello che mi solca l’anima, ormai da vent’anni.
Una cosa schifosa come questa, una madre la vive come una colpa, una condanna ingiusta. Per le volte che litigavamo, e non volevo lasciarle le chiavi della macchina, o l’aspettavo in piedi tutta la notte, e lei se ne tornava senza far rumore, fasciata di nero come una giovane pantera.
I giorni di pioggia come questo ripeto il suo nome spezzandolo. Come un mantra, come una preghiera. Ro-ber-ta. Ro-ber-ta.
Torna.
Qui.
Ora.
Mi manchi.
Non ce la faccio.
Ma la sua voce, i suoi passi, non spezzano la pioggia. Domani ricomincerò.
Mille strade.
Mille Volte.
Anche quelle già battute.