Il 2011 si è chiuso con dei dati allarmanti riguardo il tasso di disoccupazione in Italia. Oltre 2,1 milioni sono i senza posto, quasi 15 milioni invece, sono gli inattivi nella fascia di età compresa dai 15 ai 64 anni. Il tasso di disoccupazione più alto è stato raggiunto ad ottobre 2011, quando ha toccato l’8,5%, dato che rappresenta la percentuale più alta da maggio 2010. Tra i giovani la musica non cambia: il 29,2% tra i 15 e i 24 anni non ha lavoro ed è in costante ricerca di trovarlo. Cala dello 0,2% la disoccupazione femminile, che si è attestata sul 9,4%, mentre il tasso di occupati è rimasto praticamente fermo a quello di ottobre 2010. Infine, i posti di lavoro creati in un anno sono stati solamente 53mila. Nei paesi dell’euro la situazione non è andata meglio. Negli ultimi mesi del 2011 la disoccupazione è salita al 10,3%. Al contrario la Germania è l’unico paese ad aver attestato al 6,9% il tasso dei senza lavoro. Per quanto riguarda il nostro Paese si teme molto per il 2012, riflettendo anche sul fatto che si sono persi ben 600mila posti di lavoro e che si sta lavorando per trovare una via di uscita dalla cosiddetta precarietà.
Ci sono poi tutti quei giovani che non verranno mai inclusi in statistiche, percentuali o dati. Mi riferisco a tutti gli stagisti, a coloro che iniziano praticantati o comunque più in generale a tutti coloro che fanno parte di quella zona d’ombra che mi piace definire ‘sottobosco lavorativo’. Il loro numero infatti, è quasi impossibile stabilirlo, lavorando essi in nero ed offrendo prestazioni lavorative gratuite. Per loro ci saranno sempre belle parole, complimenti dopo qualche buon lavoro, molte pacche sulle spalle di incoraggiamento e gli si dirà che tutto lo sforzo che stanno facendo, un giorno, verrà ripagato. Si lavora quindi affinché quel giorno realmente arrivi, intanto si pensa che l’importante è cominciare, che ci si è già fortunati a trovarsi in una realtà anche come semplice stagista. Ci hanno poi inculcato questa idea che si deve sempre cominciare a lavorare gratis, non bisogna pensare ai soldi, tutt’al più puoi ricevere il tanto agognato rimborso spese, ovvero una misera quantità di danaro che è solo fumo negli occhi. Andate a spiegarlo ad uno studente fuori sede che lavora in nero e deve pagarsi la retta universitaria, il fitto della stanza dove vive, anche su questo in Italia si specula, ed infine deve far fronte alle spese quotidiane. Andate a spiegarlo a quelle migliaia di studenti che lavorano nei pub, nei bar o comunque fanno i ‘lavoretti’ per attutire le spese, facendo orari assurdi e che tornano a casa distrutti dalla fatica.
Poi, come beffa, arriva qualche benpensante di turno e li affibbia l’epiteto di ‘Bamboccione’, oppure nei grandi discorsi politici di cui non ne sentiamo proprio più il bisogno, si ripete sempre la solita musica che i giovani italiani non vogliono lavorare, non vogliono impegnarsi e che tocca a loro rimboccarsi le maniche. Ovviamente ci sono coloro che non fanno nulla e che approfittano di questa situazione di stallo per campare nelle comode mura domestiche serviti e riveriti dai propri genitori. Il mio pensiero però, va a tutti i giovani che realmente se le rimboccano le maniche, tanto che ormai sono consumate; a tutti coloro che, per dirla alla Frankie Hi Nrg, “Pagano per far pratica e che raccolgono guai”; a tutte le stagiste che non appena incominciano il lavoro si vedono ricevere complimenti imbarazzanti sulle loro doti fisiche; a tutti quegli studenti che, a nome del proprio professore, compiono ricerche di grandissimo livello in uno sgabuzzino che loro trasformano in un vero e proprio laboratorio; a tutti quelli costretti a lasciare la propria città e a quelli costretti ad emigrare all’estero; a coloro che hanno i vari contratti a termine e che ogni anno vivono col timore di perderlo. Insomma a tutti coloro che attualmente fanno parte del ‘sottobosco lavorativo’ non posso che augurare semplicemente un futuro migliore.
“La primavera, intanto, tarda ad arrivare”.