Gatsby va in guerra, combatte, ritorna, racimola una discreta fortuna con mezzi illeciti, compra una splendida dimora, intrattiene la società più in voga di New York con feste spettacolari, lo splendente jazz-set degli anni ’20. Ogni sua forza concentrata nella speranza, anzi nella ferma convinzione, che la disperatamente amata Daisy lasci il marito e riviva con lui un passato inafferrabile, pagando l’abbandono di un’agiata sicurezza in cambio di un sogno che vive solo nella testa di Gatsby.
Negli anni antecedenti alla messa in opera del romanzo, Fitzgerald si innamora di Ginevra King. Figlia di un banchiere di Chicago, il padre è possidente di una scuderia di pony. La passione tra Scott e Ginevra dura per ben cinque anni, finché la ragazza non trova e sposa un uomo del suo rango sociale. La cosa che più aveva colpito Scott fu l’indifferenza con la quale Ginevra lo aveva lasciato, oltre alla frivolezza del gesto.
Non è scontato poter affermare che Gatsby sia una sorta di mimesi letteraria. Nonostante Scott è ben lungi dall’ingenuità del suo personaggio, l’idealizzazione dell’amore è un elemento ricorrente della sua vita. Fitzgerald era consapevole dell’irraggiungibile concretizzarsi dell’amore con Ginevra, ed intuiva l’effimero sentimento della ricchezza. Scott è, infatti, un artista che parla con autorevolezza del proprio fallimento. Secondo alcuni il peggior destino di un uomo è quello di identificarsi con proprie illusioni, ed è quello che ha fatto Scott, confondere il desiderio con la vita vera, quella che si sogna con “questa” che ci tocca vivere. Tuttavia, si farebbe un grande errore se ci fermassimo a ridurre la sua figura, la sua grandezza di scrittore, la sua totemica presenza, ad una metaforica corsa donchisciottesca verso l’irraggiungibile.
Noi lettori apprendiamo la storia di Gatsby da un suo amico, un giovane di nome Nick Carraway, che nello svolgersi degli eventi veste i panni del narratore. Egli appartiene a quel mondo dei ricchi che ha escluso Gatsby, ma nella realtà è una terra di mezzo, colui che non rischia di saltare al di là del recinto, è sia fuori che dentro gli eventi. Laddove Gatsby è la parte più infantile ed egoistica di Fitzgerald, Nick è il simbolo della consapevolezza, quella che conosce bene il fallimento che l’attende. I toni del romanzo rendono Nick un personaggio discreto, si distacca dagli avvenimenti senza alcun giudizio e con imparzialità, ma è anche colui che si eleva a testimone della drammatica storia di Gatsby, di chi, in qualche modo, vuole rendergli giustizia.
In questo romanzo tutto quello che non viene detto conta più di quello che è detto, e ancor di più conta il modo in cui non viene detto. Gatsby è realmente grande: grande è la storia, il suo protagonista e tutto il romanzo. Il capolavoro di Fitzgerald è tale perché non ha solo i meriti letterari che gli convengono, dal linguaggio alla tecnica narrativa, alla struttura drammatica della voce narrante, ma è lo spirito che pervade tutta l’opera ad essere Grande. Grande, grandissimo è il sogno di Gatsby, così come lo sarà il suo fallimento, entrambi figli di quell’illusione di poter azzerare il presente per far rivivere il passato, in un’America che ha disintegrato gli uomini tardo romantici e che ha proiettato altri miti verso la modernità, come l’affermazione, il denaro, l’edonismo e il consumo. Ne Il Grande Gatsby il mito si rinnova, si ricicla. Oppone al mito del progresso i miti classici della Vita, dell’Amore, dei Sogni. A differenza di altri capolavori, la figura tragica di Gatsby diventa il paradigma della nuova modernità, e lo fa sintetizzando a fondo il senso di perdizione della propria epoca.
Al di là di tutto ciò che il romanzo rappresenta alla sensibilità del lettore odierno, mi piace vedere il romanzo come la personalissima confessione di uno scrittore che si rammarica di non possedere quella sensualità animale e quella classe che emanano certi uomini. Una mancanza che solamente può essere colmata con l’abilità dell’eloquenza, della parola che incanta. Ma anche di colui che conosce a fondo l’animo femminile, e che cerca di persuaderlo con parole galanti. Ben sapendo che un gioco del genere non può durare a lungo, Scott ama comunque vivere in un sogno irrealizzabile, confondere quello che è con quello che non può essere.
Ed è questa tragicità di fondo a rendere Il grande Gatsby il grande romanzo del trapasso. Il romanzo in cui ogni individuo apprende le confusioni della propria adolescenza e la consapevolezza dell’età adulta, i limiti dei capricci infantili e la compostezza dei sogni sinceri. Simbolo di un mondo bimbo e infelice, dispettoso, egoista, avvezzo al ridicolo e mai sazio. Stanco, a quanto pare, di voler crescere.