Non mi dimenticherò mai di quel giorno in cui lo conobbi nè del modo con cui lo conobbi. Fu una di quelle rivelazioni piene, ardenti, istantanee; una di quelle espansioni d’animo pronte e complete che non si fanno, non si ricevono e non si conoscono che a quattordici anni. A quell’età gli affetti sono subiti come i rancori, le amicizie rapide come gli affetti, gli affetti inconsiderati come le ire. A quattordici anni si amano tutti coloro che hanno quattordici anni. Più tardi si amano tutti indistintamente, che è lo stesso che dire che non si ama nessuno, perchè non si predilige nessuno.
Comincia così il racconto di Igino Ugo Tarchetti, Storia di una gamba. Lo scrittore della Scapigliatura indaga nella mente umana in maniera minuziosa: il protagonista incontra un uomo, Eugenio, si lega a lui, ne ascolta la storia, patisce per lui e con lui delle sue sofferenze, cerca di aiutarlo. Tutto ruota intorno alle conversazioni tra i due, al muro di diffidenza, di odio e rancore che lui, l’uomo incontrato in una specie di parco, l’uomo con una gamba amputata, vive nei confronti del suo mondo tale da dargli una visione della realtà talmente alterata da apparire terrificante; Eugenio ha completamente perso ogni fiducia nell’altro, inteso come uomo, inteso come rapporto con qualcosa di vivo, lui che vive tra la vita e la morte, morbosamente legato allo scheletro della sua gamba che conserva come reliquia di vita nella sua casa di difesa e di solitudine, di rancore e di oppressione.
Racconta Eugenio la sua storia, il suo legame con il medico Lorenzo, amico a lui devoto, l’incontro con la giovane Clemenza, amata da Lorenzo ma da questi presentata all’amico per alleviarlo dalle sue sofferenze; della guerra, dell’amputazione della gamba ad opera di Lorenzo stesso sul campo , delle nevrosi e dei dubbi a cui la sua mente è soggetta da quel giorno, quando ha smesso di credere che c’è la possibilità che l’altro voglia regalare qualcosa di sè e voglia farlo con il solo scopo di allietarsi le giornate, sotto il segno di un’amicizia sincera. Non crede al perdono, alla ricongiunzione, non crede all’amore….il senso di colpa di Eugenio, nel raccontarlo al nuovo amico, quel senso di colpa per aver rubato a Lorenzo l’amore, per aver lasciato che il desiderio di essere amato l’avesse vinta, la possibilità che Clemenza ricambiasse con la stessa intensità diventasse una forza incontrollabile, in quel binomio di amore-morte, di non poter vivere con l’angoscia dell’errore e allo stesso tempo di essere consapevole che senza quell’errore, quella donna, quell’angoscia la sua non è vita….non più del suo stato di limite, tra il fuori e dentro, tra un corpo mutilato ma morto e una gamba che, sola, ricava da quel corpo il succo di vita, se ne nutre, gliene porta via un pò ogni giorno…
E’ il nemico di se stesso Lorenzo….e il narratore non può che sentire la necessità di aiutare l’uomo a salvarsi, ricostruendone la storia, provando a far cambiare il punto di vista, ad abbattere quel muro di diffidenza, di malafede dove l’altro si è nascosto e da cui crede di difendersi dal mondo. Incontra Lorenzo, sa di Clemenza, manda avanti la sua missione…spinge Eugenio a fare leva sulla sua volontà, per riaacquistare una lucida visione del mondo, per non essere più schiavo del fantasma della sua gamba, del suo demone…
Sapete fino a quale grado di potenza giunge questa mia debolezza? Debolezza…è una forza! Singolare mistificazione!Sapete voi qual’è l’influenza che esercita sul mio animo quella reliquia del mio essere, da cui mi vorreste allontanare? Quella gamba? io mi sento attratto continuamente, incessantemente verso di lei, è impossibile che io possa sottrarmi un’istante a quell’attrazione.
Cosa bisogna fare in questi casi quando qualcuno che ha disperatamente bisogno d’aiuto con la stessa disperazione si rifiuta di riceverne perchè crede di non averne bisogno, perchè non è cosciente? Si lascia a se stesso, osservando da inermi come si distrugge oppure a tutti i costi si cerca di redimerlo, di cambiarlo? Se si sceglie la prima, si avrà a che fare col senso di colpa, in relazione ovviamente al rapporto con il qualcuno, nel secondo caso ci si dovrà armare..armare davvero…
Nel racconto Storia di una gamba Eugenio viene battuto da se stesso…perde tutto …l’amicizia, l’amore…e la cosa più triste è che per la sua diffidenza, per la sua paura meschina di soffrire, finisce col soffrire davvero e di non rendersi conto di quanto in realtà quell’amore e quell’amicizia erano reali e non il risultato di pietà e finzione.