Virum mihi, Camena, insece versutum
È questo il primo verso dell’Odusia, l’opera più rilevante di colui che viene giustamente considerato il più antico scrittore latino, il primo in ordine cronologico, dal quale procedono tutti gli altri.
L’uomo in questione è Livio Andronico, poeta, drammaturgo e attore teatrale, di nascita e cultura greca, “trapiantato” successivamente a Roma. Siamo nel III sec. a. C., quando la futura capitale dell’Impero è ancora in fase di assestamento in tutti settori, presentandosi molto diversa da come siamo abituati a immaginarla.
Già versato nel campo del teatro, autore a attore innovativo, Livio Andronico ha tuttavia legato il suo nome alla composizione dell’Odusia, opera con la quale, di fatto, inizia la lunga avventura dell’epica romana. In realtà, oggi possiamo supportare con certezza la tesi di una pre-esistenza di canti epici, i carmina convivalia, in epoche precedenti a quella letteraria. Il patrimonio folkloristico di miti, gesta e leggende tipico di questo genere viene fatto proprio da Livio, che inaugura, come detto, l’epos romano con l’Odusia (o meglio, esso è il primo testo epico latino di cui la tradizione ci parla).
La notizia? Non è il primo poema originale: questo merito spetta, infatti, a Nevio con il suo Bellum Poenicum.
L’Odusia è una traduzione, in versi saturni, dell’Odissea di Omero, il più grande poema che sia mai stato scritto. Concepito per un uso prettamente scolastico, l’opera riveste però un’importanza che va ben al di là del suo effettivo utilizzo: quella del poeta greco è un’operazione letteraria assolutamente consapevole. Si è, a tratti, addirittura abusato del sintagma “traduzione letteraria”, che però ben rende la scelta dello scrittore. Livio Andronico cerca di rimanere il più fedele possibile all’originale, ma non può esimersi dall’effettuare modifiche legate al suo contesto culturale di riferimento. Emblematico, a tal proposito, l’incipit del poema sopra riportato. Rispetto al modello, Livio conserva la disposizione delle parole, ma compie una “romanizzazione” del testo che sarà un leitmotiv della sua scrittura: non invoca le Muse greche, ma le Camene, antiche divinità italiche delle sorgenti divenute, col tempo, dee dell’ispirazione poetica (forse in virtù della consonanza del loro nome con il termine carmen.
La libertà dell’imitatore consiste dunque nell’adattare il poema originale alla Roma del III sec. a. C., cambiando, per esempio, i nomi delle divinità. Ma non solo. Un altro rilevante tratto distintivo risiede nello stile: Livio Andronico ricerca effetti patetici e drammatici, retaggio della natìa cultura ellenistica, da un lato, e della sua attività in ambito teatrale, dall’altro.
Snobbato dai grandi nomi della letteratura latina, che nella sua Odusia hanno visto un testo rozzo, informe ed eccessivamente “arcaizzante”, Livio Andronico è stato più volte rivalutato nel corsi dei secoli, spinto soprattutto dalla moda dei gusti letterari.
Oggi, i circa 40 frammenti di cui disponiamo risultano sufficienti per valutare, almeno parzialmente, il valore di un’operazione letteraria di notevolissima portata.