L’angelo del mistero
Sogno senza fanali e umidità di oblii,
calpestati da un nome e un’ombra.
Non so se da un nome o molti nomi,
se da un’ombra o molte ombre.
Rivelatemelo.
So che vivono in pozzi fredde voci,
che sono d’un sol corpo o molti corpi,
d’un’anima soltanto o molte anime.
Non lo so.
Ditemelo.
Che un cavallo senza nessuno va stampando
la sua amazzone antica sopra i muri.
Che per i merli grida, morto, qualcuno
che io toccai, nel sonno, in uno specchio
a cui io, muto, dissi…
Non lo so.
Spiegatemelo.
Rafael Alberti
Come creare un mondo extraterreno, metafisico, pseudoreligioso, tanto umano?
Rafael Alberti (1902-1999) con la sua raccolta di poesie databile 1927-1928 “Sobre los angeles” infonde le creature di carne di percezioni ipersensoriali rendendo i protagonisti dei versi deboli figure totalmente passive affiancate alle mute presenze angeliche. La paura il dolore la debolezza l’angelicità lo sconosciuto il disilluso il rabbioso e decine di altre inclinazioni prettamente umane irrompono ed esplodono in sordi e pazzeschi scoppiettii di parole che infiliate l’una al fianco dell’altra vanno a completare pian piano il senso di incompletezza totale che infine va a colpire sia i “finti” protagonisti alati sia il casuale antagonista implume. L’Alberti di questa raccolta è dunque lontano dal poeta delle raccolte precedenti (ma anche di molte successive), trasforma la sua luce splendente, la sua realtà, i suoi richiami cittadini e marini in rivolte e rivoltate situazioni di sogni angosciosi nei quali si aggirano mostri senza volto che riempiono ed impuzzolentiscono antri scuri.
Sono dunque periferie dell’anima questi alati, pezzi di pelli e costole che perdutisi si sono riprodotti nelle maniere più silenziosa ed osservativa; vivono il loro essere in modo autonomo ed indipendente in un esistenza sintetica e lineare, ritoccando profondamente il DNA che ha potuto generarli ed ai quali è totalmente sconosciuto.
Senza padrone c’è poi il
medesimo ricostruito, rifugge
quel segno sul volto
portante della necessità
propria dell’uomo
dei suoi ricordi sul corpo,
se il tempo spezza
gli occhi e le linee
ricompongono e ci danno
memoria,
e se davvero ha materia di uomo
anche qualcosa che vola
non sarà questo qualcosa stesso
a trovarsi risposta
tra le piume mai piene.