Io ho le scarpe rotte e l’amica con la quale vivo in questo momento ha le scarpe rotte anche lei.Stando insieme parliamo spesso di scarpe.Se le parlo del tempo in cui sarò una vecchia scrittrice, lei subito mi chiede “che scarpe avrai?” Allora le dico che avrò delle scarpe di camoscio, con una grande sabbia d’oro da un lato. Io appartengo a una famiglia dove tutti hanno scarpe solide e sane. Mia madre anzi ha dovuto far fare un armadietto apposta per tenerci le scarpe, tante paia ne aveva.Quando torno tra loro levano alte grida di sdegno e di dolore alla vista delle mie scarpe. Ma io so che anche con le scarpe rotte si può vivere.
Le scarpe rotte è un racconto breve di Natalia Ginzburg, uscito sul settimanale Il Politecnico e poi raggruppato nella raccolta “Le piccole virtù” pubblicata nel 1945. La protagonista è la scrittrice stessa che in chiave fortemente neorealista, racconta un episodio della sua vita o meglio si racconta , parla di sé partendo da un particolare, le scarpe. Il suo presente è quello della guerra, delle fughe, del sentirsi sola perchè il marito Leone Ginbzburg, uno dei fondatori della casa editrice Einaudi, in quanto ebreo è costretto a scappare. Anche Natalia (il cui cognome è Levi) è ebrea ma la sua vita sarà certamente più lunga di quella del marito, riuscendo a diventare una delle autrici più importanti del Novecento.
Le scarpe rotte in realtà più che essere un racconto è un lungo monologo, una riflessione della Ginzburg che parla di sè attraverso le scarpe…queste si sono rotte…e purtroppo anche lei ….
I miei figli dunque vivono con mia madre e non hanno le scarpe rotte finora. Ma come saranno da uomini? Voglio dire che scarpe avranno da uomini? Quale via sceglieranno per i loro passi?Decideranno di escludere dai loro desideri tutto ciò che è piacevole ma non è necessario o affermeranno che ogni cosa è necessaria e che l’uomo ha il diritto di avere ai piedi delle scarpe solide e sane?
Ecco che viene fuori la paura non della donna scrittrice ma della donna madre che tiene i figli lontano da sè, impossibilitata, per i risvolti della guerra, a crescerli. Ma quali scarpe avranno i suoi figli? Al momento lei sa che hanno calzature solide e calde, ma da grandi? E soprattutto serviranno a loro un domani questi agi di oggi? La Ginzburg apparteneva ad una famiglia borghese dunque da bambina non le sono mai mancate scarpe nuove, scarpe resistenti; ma ora che è adulta ne ha davvero bisogno? O può vivere tranquillamente senza? A quanto pare si, per la scrittrice che non critica la propria origine, ne rinnega il suo natio mondo borghese; ma ora, lei è parte del cambiamento che sta coinvolgendo l’Italia, che sta cercando di ricostruirsi, di ritrovare un’unità nazionale postbellica e non bada alle sue scarpe, perchè non ne ha tempo.
Attraverso un immaginario poetico la Ginzburg racconta il presente ma in maniera filtrata; il filtro sta nel punto di osservazione, intimo, soggettivo, di chi scrive. La donna sa che la situazione che sta vivendo è momentanea e che presto tornerà dai suoi figli, da sua madre e riprenderà ad indossare scarpe sane.
Presto io partirò e tornerò da mia madre e dai miei figli…Tornerò ad essere grave e materna, come sempre mi avviene quando sono con loro, una persona diversa da ora, una persona che la mia amica non conosce affatto.Guarderò l’orologio e terrò conto del tempo , vigile e attenta ad ogni cosa e baderò che i miei figli abbiano i piedi sempre asciutti e caldi, perchè so che così deve essere, se almeno è possibile, nell’infanzia.
Con queste parole si conclude il breve racconto Le scarpe rotte. Alla domanda iniziale sono le parole delle scrittrice che danno una risposta: si , si può vivere con le scarpe rotte a patto che da piccoli si sia appoggiato il piede in scarpe calde, in scarpe comode perchè non si sa cosa la vita riservi e potrebbero rompersi le scarpe durante il cammino… se da piccoli si hanno avuto scarpe nuove, si è cresciuti forti, sani e si può sopportare che la suola si stia consumando e che le scarpe diventino scomode….