La figura di Giovan Battista Marino può essere senza dubbio considerata quale indiscusso punto di riferimento di quella complessa corrente artistica che prende il nome di Barocco. Corrente non di facile identificazione, nei limiti, nelle potenzialità e nei risultati concreti che hanno invaso i campi della letteratura, della musica, della scultura e della pittura.
Se di certo non è facile parlare del concetto di Barocco in senso lato, più facile è districarsi tra le singole arti, analizzando quelle opere che – è bene ricordare anche questo – risultano tipiche di una determinata area piuttosto che di un’altra. Il Barocco è, infatti, un fenomeno di grande portata anche dal punto di vista geografico.
In Italia, il Cavalier Marino, nella sua persona e nella sua produzione, è diventato il simbolo della letteratura barocca, che è una letteratura per sè stessa, che non cerca ideali e che mira a deliziare il pubblico con effetti a sorpresa, portando alle estreme conseguenze l’artificio della parola. E qualche volta varcando il limite. Anche di questo è stato accusato Giovan Battista Marino, e l’opera nell’occhio del ciclone è stata l’Adone, capolavoro del poeta napoletano. Si è parlato, proprio a tal proposito, di abuso della parola artefatta, di quella sua eleganza, preziosità e sensualità caratteristica della letteratura barocca.
L’Adone, la cui prima stampa risale al 1623, è una delle opere più ampie della nostra letteratura. Tra i poemi, detiene il primato solitario: è il più lungo, più di 40 000 versi in ottave, divisi in 20 canti. Questi ultimi sono preceduti anche da un proemio. L’opera risulta poco più lunga dell’Orlando Furioso di Ariosto.
Il tema, molto in voga nelle corti di allora, fa riferimento al mito dell’amore di Venere per il giovane Adone, che suscita gelosie e ostacoli di vario genere, fino alla morte del protagonista, ferito da un cinghiale. Ma ciò che salta subito all’occhio del lettore è la mancanza di una trama vera e propria: addirittura i critici hanno parlato di negazione della forma romanzesca, a favore di continue analogie, metafore, sovrapposizioni di immagini appartenenti a diversi mondi. E tutte queste immagini contribuiscono a creare un universo sensuale, fortemente connotato in senso erotico, sempre pronto a dilatare i propri confini, fino all’inverosimile.
È, come si può ben capire, il trionfo del Barocco.
E il mito, nell’opera di Marino, assume così la funzione di puro pretesto per una letteratura concepita come disimpegno, ozio proiettato essenzialmente al godimento: un’impostazione discutibile per alcuni, lodevole per altri.
Di certo un’opera come l’Adone, 40 000 e più versi, archetipo di poesia melodiosa – per la forma – ardua e “concettosa” – per i contenuti – non può lasciare indifferenti.