Richard Francis Burton (Torquay, 19 marzo 1821 – Trieste, 19 ottobre 1890) fu innanzitutto un esploratore, non da meno si fece conoscere, per la sua attività di traduttore e orientalista britannico.
Viaggiò per la maggiore da solo; tipo assolutamente fuori dall’ordinario, si spostava sotto travestimento alla Mecca, viaggiò con John Hanning Speke alla scoperta dei grandi laghi africani e della sorgente del Nilo, visitò Salt Lake City insieme a Brigham Young, ma soprattutto tradusse “Le mille e una notte” e il “Kama Sutra” e scrisse molto. Pensare a Burton come ad un dotto uomo polveroso sarebbe un errore imperdonabile: fu probabilmente il terzo miglior spadaccino europeo del suo tempo; il suo era un aspetto inquietante, tanto che egli stesso amava presentarsi al mondo come un genio del male, non è dato sapere per quale motivo preciso, né tanto meno potremmo dedurlo logicamente, dato che non smentì mai un presunto assassinio da lui stesso perpetrato in Arabia.
Servì come console britannico a Trieste e Damasco: fu nominato cavaliere nel 1886, e Damasco era un posto a sua detta fantastico, ma la sua natura litigiosa lo obbligò a trasferirsi a Trieste. All’inizio fu seriamente deluso da questo cambiamento, ma poi iniziò ad apprezzare la città, tanto da viverci per gli ultimi diciotto anni della sua vita. Ivi scrisse un libro sulle Terme Romane di Monfalcone.
Il suo libro di gran lunga più celebrato è la traduzione de “Le notti arabe”, pubblicato in sedici volumi dal 1885 al 1888 con il suo titolo di Le mille e una notte.
Detestava il clima di Trieste, in particolar modo la bora (Curiosità: un giorno il vento fece quasi rovesciare la sua carrozza nel porto, così Burton saltò giù dall’altra parte, abbandonando il cocchiere al suo destino).
La moglie Isabel era invece più soddisfatta della nuova città, che definiva “un caro vecchio posto”. Amava appassionatamente suo marito, sebbene lui riuscisse a metterla in serio imbarazzo. Una volta, infatti, Isabel aveva invitato a casa sua un gruppo di signore, alla loro richiesta di sapere che cosa stesse scrivendo suo marito in quel momento, trovarono il manoscritto di una delle “Storia delle scorregge”, andato perso insieme a tanti altri suoi scritti e prodotto appositamente per la gentile compagnia di dame curiose.
La sua vedova (di cui abbiamo narrato un episodio) ne scrisse una biografia, testimonianza di una vita di devozione; non altrettanto fortunata fu la collezione quarantennale di diari e giornali, bruciata prontamente a causa degli innumerevoli scandali che avrebbero provocato (fra questi anche la traduzione di quel capolavoro che è “Il giardino profumato“) le rivelazioni pubbliche delle bizzarre pratiche sessuali a cui fu interessato Burton per tutta la vita. Leggiamo nell’Enciclopedia Britannica:
la perdita per la storia e l’antropologia fu monumentale; la perdita per i biografi di Burton, irreparabile.
La sua inimitabile vita è narrata anche nel bellissimo film di Bob Rafelson del 1990 Mountains of the Moon, in italiano Le montagne della Luna. Vi si narrano le esplorazioni che Burton fece insieme al tenente John Hanning Speke per trovare le sorgenti del Nilo.