Esistono, nella storia della letteratura, progetti ed opere che – quasi sempre in un tempo successivo – assurgono a simbolo di un intero periodo storico, sintetizzandone i caratteri predominanti. Sono libri in grado di far riemergere un mondo scomparso, che rivive, fervido e appassionante, tra le sue pagine.
È questo il caso del Cortegiano di Baldassarre Castiglione.
Padano DOC, il Castiglione nasce nel 1478 nel Mantovano. Cosa fa di mestiere? Ciò che descrive con tanta minuzia di particolari nell’opera grazie alla quale è passato alla storia: ossia, il cortigiano. E nelle più importanti corti d’Italia, nonchè d’Europa: Milano, Mantova, Urbino, Roma. Negli ultimi anni viene inviato in qualità di nunzio apostolico in Spagna, dove si guadagna la stima e l’ammirazione dell’imperatore Carlo V, che lo piange alla morte – avvenuta nel 1529 – salutando in lui “uno dei migliori cavalieri del mondo”.
La stesura del Cortegiano occupa gran parte della sua vita. Stiamo parlando, dal punto di vista formale, di un dialogo in quattro libri, iniziato con molta probabilità nel 1513. Ci sono pervenute diverse stesure, utili non soltanto al meticoloso lavoro di agguerriti filologi, ma anche e soprattutto alla comprensione di un’evoluzione ideologica interna al testo: sembra che si passi gradualmente, infatti, da una visione più aperta e dinamica ad una sempre più chiusa e rigorosa.
Il dialogo, ambientato nell’anno 1507 nel palazzo ducale di Urbino, mette in scena una piacevole conversazione mondana, a cui partecipano tanti illustri personaggi che ruotano intorno alla corte urbinate: Ottaviano e Federico Fregoso, Pietro Bembo, Giuliano de’ Medici, ecc. Scopo della conversazione è quello di definire il perfetto uomo di corte: nel primo libro si delinea un suo ideale fisico e morale, nel secondo si definiscono i suoi comportamenti, nel terzo si passa alla perfetta donna di palazzo, infine nel quarto vengono esaminati i rapporti tra il cortigiano ed il principe.
Dalle pagine del capolavoro di Castiglione emerge dunque l’immagine di una figura centrale del Rinascimento italiano, quel cortigiano di cui vengono teorizzati quasi scientificamente i tratti fisici, morali e comportamentali. E con l’opera nasce un mito, quello della corte di Urbino, splendida calamita di artisti ed ingegni illustri. Sembra davvero di camminare tra i corridoi di un palazzo ducale cinquecentesco. Sintagma-chiave del Cortegiano è il bon giudicio, fondato, secondo il suo autore, sul comportamento, accompagnato dal buon senso, che bisogna assumere nei confronti di una realtà mutevole e variabile. Al bon giudicio Castiglione affianca spesso il concetto di grazia e sprezzatura, quest’ultima intesa essenzialmente come capacità di alternare simulazione e dissimulazione. Sono leitmotiv di un’epoca, cari anche a Guicciardini, Macchiavelli e Pontano.
Netto il successo di cui l’opera ha goduto, e ben si comprendono i motivi, legati al fascino letterario, al mito delle corti umanistico-rinascimentali e al sogno intramontabile dell’uomo di costruire un mondo più bello.