A. – Apriamo questa nostra breve inchiesta sul valore di un libro e della letteratura tout court con una semplice domanda: perché si è sempre più spesso portati a pensare che i libri più venduti siano in realtà niente altro che robaccia per gente mediocre?
Abbiamo preso come punto di riferimento la provocatoria lista stilata da Superscholar riguardante i 50 libri più influenti degli ultimi cinquant’anni, e sì: ci sono Dan Brown (6° posto) e la Rowling (35°). Per tutta risposta, accanto a loro troviamo “Il nome della rosa” (13°), “Things Fall Apart” (1°) e “Strutture sintattiche” di Noam Chomsky. Una scelta alquanto eterogenea, direi.
O. – Forse non abbastanza eterogenea. Cosa voglio dire: mancano i libri che hanno nei secoli cambiato la storia, principalmente verso la libertà di espressione del pensiero. Non dubito che libri come quelli di Friedman rappresentino una svolta politico-economica al concetto di capitalismo, ma quello è un diverso modo di fare letteratura, che non compete a questa discussione. Di seguito i valori “letterari e di cambiamento”, ininfluenti, li detengono i libri dello stesso Dan Brown, immesso in questa classifica in maniera alquanto bizzarra. Altro decadimento è rappresentato dall’immissione di libri che non hanno cambiato le ideologie globali intense da un punto di vista letterario, vedasi ad esempio Black Swan, rivoluzione più che altro della finanza mondiale che del mondo del libro. Detta così potrebbe sembrare una tesi troppo ruvida per la materia trattata, ma conserva un nucleo di verità incontrovertibile.
C. – Tu parli di autori e di idee che si sono insinuate nella mente del pubblico attraverso il pensiero dei più acuti pensatori, ma dove e quando un libro si pone tra le fila di coloro i quali hanno influenzato un determinato periodo storico? La parola ha da sempre, a mio modesto parere, avuto un peso minore rispetto a quello che avrebbe meritato. Le idee invece non hanno mai subito alcun graffio da quel mostro invincibile che è il tempo. Personalmente faccio fatica a pensare di poter scindere una parola “scritta” dalla diffusione di un pensiero. I più grandi movimenti, così come le più diffuse mode, hanno avuto il loro battesimo grazie alle parole, siano queste stampate su secolari libri o semplicemente lette per caso dal passante di turno. Ciò che accomuna anche i meno assidui fruitori della “lettura” è la capacità di assimilare e far proprio un pensiero. Non tutti ne son capaci, potrebbe obbiettare qualcuno; io invece credo fermamente nella predisposizione dell’uomo ad ascoltare, chi non lo fa semplicemente rifiuta la realtà. Una realtà che si muove grazie alle singole scelte che ognuno di noi compie, e che ci classificano nel breve e lungo periodo, in qualche maniera si identificano per ciò che siamo.
A. – È bene tenere a mente, a tal proposito, il punto centrale di questa riflessione: parliamo di libri organizzati attraverso il criterio tutt’altro che scontato dell’influenza esercitata sulla nostra società. Il Prof. Noam Chomsky, ad esempio, ha rivoluzionato il modo di intendere le strutture grammaticali, intendendo la linguistica come una disciplina che si caratterizza per la ricerca delle strutture innate del linguaggio naturale: nasce la grammatica generativa. Non molti di noi hanno forse “Strutture sintattiche” sul proprio comodino, eppure a scuola iniziavano ad insegnarci che la grammatica non è una brutta bestiaccia con la bacchetta in mano, ma il nostro modo naturale di esprimerci, e che l’errore non era una deviazione da mortificare, ma un gesto creativo (forse) e naturale (sicuramente). Tutto questo ha un forte collegamento con il nostro discorso editoriale, bisogna capire da che parte si analizza la questione.
C. – L’editoria c’entra proprio perché il libro non è altro che il semplice mezzo attraverso cui veicolare un pensiero, il suo scopo consiste nel far sì che quest’ultimo rimanga fermo e presente aldilà del tempo, aldilà delle nuove idee, aldilà del cambiamento. La diffusione smisurata dei titoli nella classifica in esame è da leggere dunque non solo come un semplice dato di valore o di vendita: essa è il sintomo di una malattia, che è la voglia di conoscenza con tutti gli effetti che da essa ne derivano, ed a tal proposito mi chiedo: è giusto affidare ai libri un peso così grande come quello dell’influenza sul pensiero, sull’agire, sul “movimento”?
A. – Si parla di “affidare un peso ai libri”, ma chi c’è dietro ai libri e all’autore? Il mondo dell’editoria è governato da lobby multimilionarie, anche se non diversamente accade per ciò che beviamo, mangiamo e guidiamo. Questo però non allontana il prodotto dall’utente, l’“utilizzatore finale” si direbbe oggi con un eufemismo. Scomodando ancora Chomsky, è risaputo che, all’interno del panorama di ricerca mondiale, egli fu criticato aspramente per le sue teorie rivoluzionarie, le quali un po’ inquietavano le solide posizioni normative vigenti dagli anni ‘50 agli anni ’70: fu accusato di essere vicino al movimento anti-globalizzazione, naturalmente le ragioni di questo attacco risiedevano in questioni prettamente politiche. Ebbene, fu grazie all’indipendenza anche economica degli editori che si prestarono alla pubblicazione dei suoi scritti che oggi noi possiamo conservare un simile monumento al progresso in materia di comunicazione e pensiero libero. Con ciò non vogliamo assolutamente dire che le case editrici con maggior disponibilità di fondi siano per forza più indipendenti, ma sicuramente un’industria in grado di confezionare un buon prodotto editoriale (cosa completamente diversa dal tema del libro) è dotata, oltre che di specialisti di alto livello, anche di una più matura concezione politica del mercato, scevra da qualsiasi presupposto ideologico, e per questo più facilmente in grado di assicurare la diffusione di grandi capolavori, distribuendoli su vasta scala.
Sulla base delle tesi portate avanti in questa breve trattazione del problema, se non potevamo in alcun modo pretendere di essere esaustivi riguardo un titano del dibattito critico quale il criterio discriminatorio utile all’individuazione di un buon libro, almeno speriamo di aver fornito spunti utili ad analisi critiche più profonde.