Non si sa chi sia Elena Ferrante, un uomo o una donna, giovane o vecchia. Si sa solo che è di Napoli. Tante ipotesi, tanti nomi, nessuna conferma. Da due dei suoi libri sono stati tratti film di grande successo e grandissimo impatto emotivo, “L’amore molesto” e “I giorni dell’abbandono”. Donna o uomo che sia, con questi libri la Ferrante m’ha afferrata, ridotta in lacrime, mi ha poi ridato speranza. È ora in libreria con “L’amica geniale”, lo volevo, subito. L’ho preso ancora fresco di stampa, ho sperato che l’inchiostro potesse sporcarmi i polpastrelli, nonostante mi conosca e sapevo che non avrei dovuto. La ragione è molto semplice, sono una persona impaziente, patologicamente impaziente. Questo è il primo capitolo di una saga, come potrò aspettare? È la quarta di copertina ad anticiparmelo, le pagine che profumate mi si aprono davanti sono solo l’inizio.
Elena Greco, detta Lenuccia e Raffaella Cerullo, detta Lina da tutti, Lila solo per Elena, sono due bambine che nascono e crescono in una Napoli periferica del secondo dopoguerra. S’incontrano nella prima elementare della maestra Oliviero, Lila è la bambina più “cattiva” di tutte. Elena è affascinata, stregata, da quella bambina selvatica che sfida l’autorità della maestra, così come Lila continua negli anni a seguire i passi di Elena spesso anticipandola. La loro amicizia nasce attraverso una serie di prove di coraggio, la più ardua delle quali è salire fino a casa di don Achille, l’usuraio/orco del quartiere. Elena la ammira, la imita e, quando la superiore intelligenza di Lila diventa manifesta, la invidia. Un elfo dispettoso cui tutto viene facile, senza impegno. Alla fine delle elementari solo ad Elena però sarà possibile proseguire gli studi, fino al ginnasio che la renderà estranea al posto da cui proviene, ma non a Lila. Le bambine cambiano, diventano “Piccole donne”, come il primo libro che leggono insieme, anche l’ambiente cambia con loro. Sono gli anni 60, gli anni del boom economico. Dove c’è miseria diventare ricchi è un sogno identico a quello di chi cerca il forziere del tesoro dei pirati. Nel quartiere chi ha i soldi è prepotente, gli altri sono pezzenti frustrati. Le donne incattivite, gli uomini violenti, i bambini per sopravvivere non possono essere innocenti. Come meloni maturi restano morbidi e profumati all’interno ma si fanno crescere una buccia dura ed indigesta fuori. Lo studio per Elena, il fidanzamento con il salumiere ripulito per Lila, contribuiranno all’evoluzione delle due bimbe; Lila avviata al matrimonio, Lenuccia alla ricerca di un nuovo spazio nel mondo che comincia ad intravedere oltre i confini del rione, non più a suo agio con gli amici di sempre.
La scrittura della Ferrante è pulita e lineare, avvolgente e fragrante poiché possiede un profumo particolare. Capace di sfiorare nel libro un’infinita gamma di argomenti, senza rendere mai confusa la narrazione. Sullo sfondo la nascita della camorra, quasi mai chiamata per nome, la pacificazione fasulla del dopoguerra quando nessuno più voleva parlare di fascisti e resistenza e nessuno riusciva davvero a dimenticare, il boom economico dagli ambivalenti risvolti. Una storia che potrebbe essere quella di due bambine qualsiasi ma che non poteva che essere quella di Elena e Lila, di una città qualsiasi che invece non poteva che essere Napoli. L’uso di pochissime espressioni dialettali mette accenti perfetti e utili, dove sono realmente necessari, in una scrittura che sembra suggerire spesso la mano femminile che non si svela ai curiosi.
Giovani donne e…la narrazione s’interrompe, il libro pur concludendosi non si conclude, è il sapere che continuerà che crea l’aspettativa del seguito, e con l’attesa che alimenta il desiderio. Lo ripeto, se potessi tornare indietro, non lo leggerei, m’è piaciuto troppo.