«[Sono nata] a Zanzotto, capitale della poesia, dove l’esperienza interiore ha in ogni verso il più infallibile, il più irripetibile e il più gioioso dei correlativi».
Lo hanno salutato così, il poeta veneto, gli amici più cari. E la parola amico questa volta ha un accezione particolare. Chiunque sia riuscito a far propria la poetica di questo autore è stato capace di leggere ciò che egli naturalmente comunicava con ogni singola parola. Quelle parole a volte dure, a volte forti, spesso difficili ma sempre emozionate. Quelle parole che sono state usate per salutarlo, per dire addio ad un uomo, forse l’ultimo, vera rappresentazione del secolo passato. Erano questi gli amici di Andrea, i suoi lettori.
Andrea Zanzotto, nato nel lontano 1921, è conosciuto ai più come il poeta di Pieve Di Soligo, un paesino della provincia di Treviso, luogo di dolci colline e forti montagne. Un luogo di splendidi paesaggi che è stato la fonte prima di ispirazione per il poeta che, iniziato all’arte dal padre pittore, ha scelto, seguendola, la vocazione per la poesia. Già, egli diceva che la musicalità dell’endecasillabo l’aveva ammaliato da piccolo, era una come una melodia che non riusciva a smettere di ascoltare. E la fusione tra la poesia e l’attaccamento ai paesaggi, ricordo d’infanzia e metafora della “semplicità”, ha dato la possibilità a Zanzotto di produrre alcune tra le migliori creature poetiche, ad oggi inimitabili.
Non c’è bruscolo di tempo
Né di spazio
Che non meriti per sé infiniti poemi
Che già in sé non ci sia
Descritto da tutti come un uomo “semplice”, Zanzotto ha dovuto abbandonare la normalità della sua vita, a lui tanto cara, per unirsi alla Resistenza negli anni ’40. Infatti, chiamato alla guerra, si pone tra le fila di “Giustizia e Libertà”, occupandosi del settore stampa e propaganda. Ed è qui che avviene la prima, se non più importante, mutazione della poetica di Zanzotto che da personale qual é, strettamente legata alla stagione ermetica, «esce dalla conchiglia» e diventa quasi cupa, specchio della storia e della realtà. Si evidenzia così la figura di un uomo che rivela i pericoli del mondo invitando a seguire l’idea di un’umanità che non deve piegarsi alla bruttezza, non deve cedere al consumismo rapace: «Rinascere ogni giorno per resistere».
Un cambiamento che lo vede impegnato in collaborazioni con quotidiani, nella scrittura di sceneggiature per il grande Fellini, in dibattiti e in battaglie per l’ambiente. L’ambiente a cui è tanto legato e a cui si lega la personalizzazione dello stesso, attraverso un lungo percorso di analisi del proprio paese. Avvicinatosi alla politica si è anche successivamente schierato apertamente contro i “regionalismi” di alcuni partiti accusando gli stessi di un uso volgare del dialetto. “La Padania non esiste” ha affermato Zanzotto.
“Un rischio, un azzardo, quello zanzottiano, ma necessario: portare la poesia all’estremo delle sue possibilità, e oltre. Rivoltarla, aprirla per farvi entrare il mondo con tutta la sua violenza e il suo non senso; un mondo che si cerca comunque, con tenace impegno, di rieducare alla bellezza, alla civiltà, ai valori della natura”.
Questo perché Zanzotto vedeva la poesia come la prima figura dell’impegno. Il suo era e rimarrà un messaggio di speranza, un messaggio che loda la realtà e la libertà. Per la prima volta la poesia non è solo musica ma fa rumore, la poesia tuona e si fa sentire a voce alta.
Qualcuno ha detto: “c’è tanto da imparare dai poeti”.
Io invece vi lascio con quello che è stato definito un endecasillabo di perfetta umanità :
“Non ne so nulla, eppure mi riguarda”