Estate
Estate, disco bianco,
bianca vampa
liquefazione d’oro
cembalo di silenzio sonoro
sulla terra stanca.
Respiro infiammato, bollore
di tetti, di giardini e d’orti,
stupore di campi smorti
abbandonati nell’immensità.
Ardengo Soffici
Intellettuale e poeta, pittore e critico. Una mente aperta, moderna, libera, parente alla lontana di Dino Campana, altro grande poeta, al quale fece un immenso, quanto involontario, piacere ovvero quello di perdere il manoscritto de “Il più lungo giorno” che sarebbe poi diventato “I canti orfici” grazie all’immane, quanto insano, sforzo di Campana di riscriverlo con una rabbia, un ardore ed una mente oramai delirante che forse aiutarono l’ opera ad avere un respiro proprio, un tenue bagliore che mai si spegne.
Soffici fu un ravvivatore culturale della sua epoca, uno sperimentatore, un artista nel vero senso della parola, con la rivista “Lacerba” ed assieme all’amico Papini sono l’organo di diffusione e sfogo del futurismo. Nella sua vita divisa tra l’Italia e la Francia (Parigi) conobbe le figure più geniali ed influenti della sua epoca (tra i tanti Apollinaire e Picasso, Pascoli e Pirandello).
“Estate” è la visione da poeta di un momento personale, il periodo caldo è solo un pretesto per consentire alla propria penna di spargere i colori giusti e le corrette formazioni che gli si parano innanzi, da bravo pittore anche le sue parole sono immagini che si stagliano con sincerità ed immediatezza, poiché come dice Blake, e ci ricorda Bataille, è il Genio Poetico di un popolo a regolare la forma esteriore dell’uomo e la sua religione; e la sua vita dunque aggiungo io.
Penso di definir bene questo Soffici come un Campana meno cerebrale e nevrotico, un fine otioso.