L’auto-sacrificio di un uomo innocente è un milione di volte più efficace del sacrificio di un milione di uomini che muoiono uccidendosi l’un l’altro. Il sacrificio volontario dell’innocente è la più potente risposta all’arroganza della tirannia che mai sia stata concepita da Dio o dall’uomo. (Mohandas Karamchand Gandhi, 12 febbraio 1925)
Il 23 settembre 1943, il vice brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, Salvo D’Acquisto, decide di seguire l’insegnamento lasciatoci da Gandhi, scrivendo col suo gesto eroico una delle pagine più commoventi che la storia potesse lasciarci. Nato a Napoli il 15 ottobre 1920 ed arruolatosi come volontario nei Carabinieri nel 1939, Salvo D’Acquisto partì l’anno successivo alla volta di Tripoli, a pochi mesi dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Rientrò in patria nel 1942 in quanto contrasse una febbre malarica per poi frequentare la Scuola Allievi Sottufficiali Carabinieri, dalla quale ne uscì col grado di vice brigadiere. In seguito fu destinato alla stazione dei Carabinieri di Torrimpietra, oggi frazione di Fiumicino e all’epoca zona rurale extraurbana lontana qualche decina di chilometri da Roma.
Nei pressi della località di Torre Palidoro, che rientrava nella giurisdizione territoriale della stazione Carabinieri di Torrimpietra, si era accasermato un reparto di truppe tedesche delle SS. Proprio in tale località, il 22 settembre del 1943, morirono due soldati tedeschi mentre altri due rimasero feriti, in seguito all’esplosione di una bomba a mano avvenuta durante un’ispezione di una truppa di soldati delle SS nei riguardi di alcune casse di munizioni abbandonate. Il comandante del reparto tedesco attribuì la colpevolezza dell’incidente ad anonimi attentatori e minacciando una rappresaglia se non fossero stati catturati i colpevoli entro l’alba, richiese la collaborazione dei Carabinieri della stazione locale, in quel momento comandata da Salvo D’Acquisto per l’assenza del maresciallo comandante.
Il giorno dopo D’Acquisto tentò di far ragionare il comandante tedesco spiegando che l’incidente era stato casuale e non si potevano certo ricercare gli eventuali colpevoli, ma le SS richiesero una rappresaglia, appellandosi ai sensi di un’ordinanza emanata pochi giorni prima dal feldmaresciallo, Albert Kesselring. Pertanto il 23 settembre furono catturati 21 abitanti della zona scelti a caso, successivamente vennero interrogati nella piazza principale di Palidoro in presenza anche di D’Acquisto, il quale fu anche picchiato e preso a bastonate dai suoi guardiani, ed infine, dopo aver ribadito inutilmente la loro innocenza, furono tutti condotti fuori dal paese e costretti a scavare una fossa comune pronti ad essere fucilati.
Al termine delle operazioni di scavo però, dopo che D’Acquisto parlò con un ufficiale tedesco con l’ausilio dell’interprete, i 22 prigionieri furono rilasciati e si diedero tutti alla fuga, lasciando dinanzi al plotone di esecuzione solo il vice brigadiere Salvo D’Acquisto, il quale si era dichiarato colpevole di tutta la vicenda, facendosi fucilare in tal modo per salvare la vita dei 22 innocenti, pur essendo egli stesso innocente. Angelo Amadio, uno dei superstiti salvato da tale gesto d’amore, un operaio condotto nel plotone insieme agli altri 21 perché scambiato per un carabiniere, in una sua testimonianza del 1957, dichiarerà di aver udito mentre ancora si allontanava correndo verso la libertà, l’urlo del vice brigadiere “Viva l’Italia”. Poi la scarica di un’arma automatica che pose fine alla vita dell’appena 23enne carabiniere. Le sue spoglie si trovano nella Basilica di Santa Chiara di Napoli.
Tale è la motivazione della Medaglia d’oro al valor militare.
Esempio luminoso d’altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste insieme a 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così — da solo — impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma.