Se fossi l’ultimo rappresentante della tua specie, ormai sterminata, cosa faresti?
Scapperesti nei corridoi oscuri per salvarti da ogni attacco? Sgusceresti in ogni anfratto pur di non farti baciare dalla luce del sole? Saresti una cavia che aspetta solo di essere prelevata dalla sua gabbia per essere uccisa? O aspetteresti con gioia il momento in cui tutto finirà ed anche tu, silenziosa creatura, potrai ricongiungerti alle voci silenziose del tuo popolo?
Per sopravvivere fino all’ultimo giorno ci vuole un motivo, uno di quelli forti e indissolubili anche difronte a certezze conclamate.
Jacob Marlowe è l’ultimo della sua specie. Jacob Marlowe è un assassino. Jacob è un lupo, un lupo mannaro. L’immoralità di uccidere per istinto è paragonabile al farlo per diletto? No. Jacob lo sa, ma alle sue spalle, ovunque lui si volti, in ogni angolo, ad ogni strada, ad ogni passo, sembra sentire gli echi dei suoi uccisori, di coloro che finalmente metteranno fine alla sua vita. Marlowe però non è dispiaciuto, la sua vita è durata sin troppo, più di duecento anni ormai e di lune ne ha viste già tante: lune rosse come il sangue, lune che lo costringono a vivere o meglio a sopravvivere isolato dal mondo.
La WOCOP è l’Organizzazione per il controllo dei fenomeni occulti. La WOCOP ha sterminato ogni lupo mannaro, ogni essere immondo, ogni vile creatura che vive del sangue umano. Le briglie sono state lanciate verso l’ultimo lupo mannaro ed il cane che ricorre il puzzo delle bestie della luna è Eric Grainer, un feroce e arrabbiato figlio che ha visto Marlowe strappare la vita a suo padre. Grainer è determinato ad ucciderlo ma ci riuscirà? Riuscirà a dare un senso ai suoi giorni con l’uccisione dell’ultimo lupo?
L’ultimo lupo mannaro di Glen Duncan è decisamente un libro da avere in biblioteca. Ogni sua pagina mi ha legato a quella successiva anche perchè all’inizio il libro è molto lento nella descrizione, soprattutto perchè si sofferma sull’analisi di come la società umana possa accettare così facilmente le crudeltà che gli vengono poste dinanzi ogni giorno e di quanto facile sia stato accettare figure come vampiri e zobie, mentre stentata o ritardata è l’accettazione dei lupi mannari. Ma dopo il primo quarto, la trama si evolve prendendo una piega inaspettata che ti catapulta in un inseguimento all’ultimo soffio che trascina con sè decine di pagine fino ad arrivare a quelle in cui Jacob trova un vero motivo per continuare a vivere, un motivo che lo esalta al punto tale da dimenticare tutto il resto fin’anche della WOCOP e così inizia a sorridere, ma la rincorsa non gli lascia il tempo di gingillarsi tra le torri dei suoi sogni e così sarà costretto a rifugiarsi, stavolta non per il semplice motivo di allungare la caccia o per il brivido d’attesa che da la morte, ma per vivere, per tornare a vivere dopo duecento anni.
Il romanzo è sicuramente uno dei migliori che abbia letto di Duncan anche se ne riprende molte riflessioni, come la devastazione che l’individuo e la società subiscono tra bene e male, la coscienza della mostruosità che ogni essere umano ha dentro di se e la riflessione psicologica dei personaggi che potrei cosiderare come la vera protagonista di ogni suo libro. Un romanzo infiammato di passione, di sesso, di gioco all’ultimo sangue, di rincorse, spari, graffi, odore del mattino della vittoria.
Duncan è riuscito a lasciare ogni cosa nel posto giusto ed è riuscito a far appassionare me, che sono una terribile amante dei vampiri alla storia di un lupo mannaro che per quanto acerrimo nemico dei miei beniamini è apparso ai miei occhi come loro pari ed ora, preferisco entrambi, anzi forse Marlowe è molto più appetibile perchè caldo e focoso.
Il libro si conclude con un finale aperto probabilmente perchè i suoi diritti sono stati aquistati da una famosa casa cinematografica. Nell’attesa di vedere sui grandi schermi il sensuale ed erotico Marlowe vi lascio la speranza di poter leggere presto il sequel di questo fantastico romanzo.
C’è sempre
il padre di qualcuno,
o la madre,
o la moglie,
o il figlio.
Questo è il problema
quando ammazi
e divori la gente.
Uno dei problemi.
Jacob Marlowe