La mia infanzia di lettrice, come credo quella di molti miei coetanei, in particolare le donne, è stata popolata da orfani. Baluardo per me è “Incompreso”, lacrime a fiumi inutile dirlo. Piccole fiammiferaie, bambini dai pattini d’argento, ragazzi della via Pál e tanti troppi altri. Privi di almeno un genitore, se possibile miseri al limite dell’umana sopportazione, eppure sempre pieni di buoni sentimenti. Ne sono stata profondamente turbata, tifo per i cattivi sempre, il personaggio debole mi irrita, tutta colpa di “Cuore” credetemi. I bambini di oggi hanno un mondo intero di scelte e possibilità, ma questa è un’altra storia.
A casa di un’amica, come sempre, mi metto a spulciare tra i suoi volumi, ed ecco un libro dalla copertina invitante ed un titolo piuttosto lapidario, “Zia Mame”, di Patrick Dennis. Come sempre mi capita lo studio, lo guardo, prima ancora di leggerne il retro copertina. Quasi mi aspettassi che, prima o poi, un libro possa farmi l’occhiolino e dirmi “Prendimi, non te ne pentirai” o viceversa, in un attacco di sincerità, mi consigli l’immediata fuga. Arrivo finalmente al momento di maggiore intimità con il suddetto, una sorta di preliminari, e leggo, nero su bianco, c’è un orfano. La magia tra me e quelle pagine s’è già creata, che fare. Quel titolo si ostina a non volermi dire nulla, ha vinto, sono costretta a leggerlo.
Come già detto, il protagonista del romanzo è un orfano, lo stesso Patrick Dennis pseudonimo dell’autore. Un ragazzino di undici anni che dopo aver subito la morte della madre si vede privato anche del padre. Non soffre molto a onor del vero non avendo mai avuto una vera relazione affettiva col genitore. Gli lascia una rendita il papà e lo affida alle cure della sorella, la cara zia Mame, cosa che definisce una disgrazia. Lo spunto narrativo offerto dal protagonista è un articolo di giornale, soggetto della cronaca è una vecchia donna che ha accolto in casa sua un bambino, trovato fuori dalla sua porta in una cesta di vimini. La gentile zitella si è mostrata, come ci dice il giornale, abile in ogni cosa, non al pari di zia Mame però, secondo Patrick. A differenza della donna ritratta nell’articolo, zia Mame, perfetta newyorkese, è una donna a dir poco eccentrica e stravagante, un uragano in gonnella. Accoglie il bambino, che l’aveva fino ad allora vista solo ritratta in una foto versione spagnola, in un perfetto stile giapponese, con tanto di cameriere, il comico Ito, in tema. La dolce zia Mame dilapida fortune e si cimenta, dopo il tracollo della borsa del 1929, in ogni genere di lavoro. Avventure a bizzeffe, che stordiscono ripetutamente il povero nipote. Donna risoluta e fragilissima, si sopravvaluta sempre e comunque e da ogni situazione, seppure incresciosa, riesce sempre a cavarsene fuori, per quanto possa apparire pressoché impossibile.
Atmosfere d’altri tempi, profumi inebrianti e nuvole di fumo di sigarette minuite di bocchino accompagnano le pagine. Uno stile garbato e divertente, la lettura è delicata eppure abbonda di citazioni colte che passano quasi in sordina. Come i vari personaggi che intersecano le loro esistenze con quella di zia Mame e suo nipote, capaci di citare Freud mentre sorseggiano champagne in una casa in perfetto stile orientale, così l’autore racconta una storia strampalata con uno humor mai scadente. Non di capolavoro trattasi certo, o forse a ben vedere di capolavoro di genere potrebbe parlarsi. Strappa sorrisi sinceri ed educati, cosa piuttosto difficile. È cosa semplice commuovere qualcuno con la storia di un povero orfanello. Toglietegli il pane, dategli panni lenci, mettetelo a dormire al freddo. Dopo davvero avrete l’ardire di mostrarvi sorpresi delle lacrime che rigano le guance del fruitore della vostra opera? Patrick Dennis l’orfanello l’ha descritto benestante ed affidato una zia libera e anticonformista, al centro di mille vicende nelle quali l’ottimismo la fa da padrone. Io lo ringrazio vivamente per avermi riconciliato con la categoria. “Incompreso” però non lo leggerò comunque mai più!