Il fatto è che la felicità non è come dicono, che dura solo un istante e non si sà di averla avuta finchè non è finita. La verità è che dura finchè dura l’amore, perchè con l’amore perfino morire è bello….
Gabriel Garcìa Màrquez è uno scrittore e un giornalista; premio Nobel per la Letteratura nel 1982, è stato anche un autore di un’ opera teatrale come Diatriba de amor contra un hombre sentado del 2007;
L’opera si struttura intorno ad un monologo di una donna, Graciela che seppur di modeste origini riesce, grazie ad un matrimonio con un uomo facoltoso e alle sue spiccate qualità nel costruire se stessa, a diventare una borghese. L’amore però, in questo matrimonio che si avvicina a festeggiare il venticinquesimo anniversario è solo un ricordo lontano e la donna stanca e frustrata della relazione dà vita ad uno sfogo intenso e profondo nei confronti del compagno.
Seppure sia stata riprodotto a teatro, questo monologo è diventato qualcosa di altro: ha preso vita da sè distaccandosi dalla struttura e rinascendo quasi come se fosse un racconto, un flusso di coscienza certo, una scenata isterica e nevrotica di chi non si ritrova più nella sua vita, una moglie stufa del marito e del suo modo di relazionarsi anche nei confronti del figlio, che a scapito della donna sta diventando, ormai adulto, come l’uomo che ha sposato.
Marquez è geniale come autore nello scegliere parole e toni : offre ai lettori/spettatori non semplicemente uno sfogo femminile, ma il cuore della donna, Graciela, emblema si di tante altre figure del mondo femminile ma allo stesso tempo autentica, speciale.
Di fronte a Graciela c’è lui il marito, rappresentazione del suo fallimento amoroso, lui presente col corpo e assente con tutto il resto, barricato dietro al suo giornale e al suo silenzio, usando come arma pallottole di indifferenza che affondano sui nervi e nel cuore della donna.
Niente somiglia tanto all’inferno quanto un matrimonio felice”
Queste le parole di Graciela, di fronte all’istantanea della sua vita presentata da un marito su una poltrona di spalle, un salotto e un senso di oppressione e infelicità nel cuore.
L’incomunicabilità dei due è visibile, il loro allontanamento palpabile ma le loro reazione completamente opposte: lei lotta, forse più per sè stessa che per la loro unione, lotta per sentirsi di nuovo viva, di nuovo amata; lui lascia che le cose gli scivolino addosso, gli anni, i lamenti, l’amore.
Ah l’amore…se forse ve ne è ancora un granello in questo dramma coniugale è sicuramente tanto piccolo da non essere visibile all’occhio, udibile all’orecchio, percepibile al cuore.
Graciela torna avanti e indietro col pensiero: è arrabbiata e delusa dei tradimenti del marito, delle sue mancanze, dei suoi errori; è furiosa con se stessa per averci creduto una volta e ancora una,per aver sperato di poter salvare il rapporto, per non aver avuto la forza di troncarlo prima, per essere stata debole, per aver sopportato troppo, per non aver reagito quando con la coscienza che le cose non potevano cambiare, non ha cercato di cambiare se stessa.
Ma Graciela è una donna innamorata dell’amore , restia ad accettare che nella sua vita non ve ne è più e quando apre gli occhi e vomita tutto il suo disappunto cosa si ritrova? un fantoccio senza reazioni seduto su una poltrona.
L’espediente teatrale di utilizzare per davvero un fantoccio, ha una duplice motivo: se da una parte è perchè tutta l’attenzione è riversata sulla donna, unica protagonista della scena, dall’altra serve come impatto visivo: il marito è un vero e proprio fantoccio, in tutti i sensi sulla scena, nella vita.
A conclusione del monologo, un colpo di scena: il fantoccio prende fuoco, è incendiato : le fiamme, le parole della donna, il manichino in fiamme, il matrimonio distrutto.