Nataša aveva la sensazione di rimanere, insieme con la madre e con Sonja, nel numero delle dame della minor parte, ritirate lungo le pareti e non invitate alla polonaise. Stava lì su due piedi, lasciando penzolare lungo i fianchi le esili braccia; e, col seno, appena pronunciato, che ritmicamente le si sollevava, trattenendo il respiro, gli occhi splendenti e spauriti, guardava fissa dinanzi a sé con un’aria di essere pronta alla più grande gioia e al più grande dolore.
La prima volta che lessi queste righe avevo quindici anni. Più o meno la stessa età di Nataša, protagonista femminile indiscussa di quella che forse è l’opera più completa di Lev Tolstoj, che proprio in queste pagine inizia ad affacciarsi alla vita. Non smetterò mai di ringraziare la mia professoressa del Ginnasio, che proprio in quell’età fruttuosa mi iniziò – ci iniziò – alla letteratura. Alla letteratura, e, contemporaneamente, pur senza avvedersene, alla vita. Perché vita e letteratura vanno di pari passo, e l’una è impossibile da godere appieno in assenza dell’altra.
Guerra e Pace è il romanzo per eccellenza, l’epopea simbolica della vita che si spiega solerte, talvolta immobile, innocente bambina e femmina seducente, ma sempre travolgente nella sua forza irresistibile. C’è tutto, in quest’opera immensa e mirabile dello scrittore russo di metà Ottocento: la guerra e la pace, certo. E poi? L’andirivieni della vita. La morte e l’abbandono. L’amore e il dolore. L’errore, l’eccitazione, la tentazione. La seduzione. La fallibilità e l’incomprensione umana. In questo primo romanzo della triade composta da Anna Karenina e Resurrezione, che è l’esplosione solare e spumeggiante della filosofia tolstojana espressa nella sua “semplice immediatezza”, volendo dirla con Hegel, Tolstoj si mostra invidiabile narratore, capace di scandagliare fin nel profondo i sentimenti più oscuri dell’animo umano. Empatico fino a essere disarmante, il suo genio narrativo è in grado di spaziare in maniera esemplare, mai monotona né banale, attraverso descrizioni di campagne di guerra, brevi incisi che se isolati si potrebbero considerare assaggi di critica storiografica, esplorazione delle più variegate emozioni umane, dal tormento d’amore, alla trepidazione di una giovinetta che fa il suo debutto in società, prendendo parte al suo primo ballo, ai dubbi di un uomo adulto e spaesato, quale Pierre Bezuchov, uno degli alter-ego dell’autore, che si interroga sul senso dell’esistenza.
La vita scorre dentro e fuori questo romanzo, in una situazione di perenne osmosi con la realtà, così come la storia, quella realmente accaduta, della famigerata campagna di Russia che segnò la disfatta di Napoleone; con i suoi oltre 630 personaggi, le ambientazioni storiche magnificamente architettate, Guerra e Pace si conferma un immenso affresco che testimonia fedelmente non soltanto la vita della nobiltà russa dell’epoca, ma anche la condizione dell’intera umanità, nel suo essere costantemente inconsapevole di se stessa, nel suo cercare spiegazioni parziali in un incomprensibile passato, nel suo muoversi e continuamente fluire verso un fine che all’uomo stesso è impossibile da conoscere.
L’integerrimo e moralmente devoto principe Andrej Bolkonskj, figura per la quale pare che l’autore si sia ispirato al fratello Sergej, il goffo, ispirato, confuso Pierre Bezuchov, massone convinto e affamato avventore della vita, la giovane, ingenua, sognante Nataša Rostova, folgorata dall’amore adolescenziale per Bolkonskj, che perderà a causa di una fatale infatuazione. E poi ancora: Nikolaj Rostov, patriota indefettibile, tormentato dall’amore per Sonja, una giovane, povera cugina che non può permettersi (finanziariamente) di sposare; la giovane principessina Marja, dagli occhi malinconici e bellissimi, devota al vecchio padre e incapace di sognare per sé un avvenire diverso. Tutti questi personaggi prendono letteralmente vita, grazie alla maestria del narratore, assumendo tratti psicologici dalla tridimensionalità sconcertante (per l’epoca), che sarebbe stata degna di Freud. Essi perforano la carta e escono dalla piattezza delle pagine per destarsi – veri più che verosimili, esseri umani, non eroi – in tutta la loro commovente umanità.
È questa caratteristica, spiccata in relazione alla mole dell’opera, che rende Guerra e Pace, così come gli altri romanzi tolstojani, un classico sempre attuale, in cui tutt’oggi il lettore può proiettarsi, identificarsi, riconoscersi e trarre, dall’esperienza totalizzante della lettura, un pieno giovamento catartico.
Guerra e Pace è forse l’esempio letterariamente più concreto della idea che vi dicevo all’inizio: che vita e letteratura camminano insieme, e spesso traggono l’una dall’altra l’ispirazione necessaria. Che vita e letteratura sono l’una metafora indispensabile dell’altra.