Ci sono rumori in una città che costringono i nostri pensieri a fare marcia indietro. Ci sono persone nella nostra vita che influenzano il naturale corso degli eventi. Ci sono parole in una lettera che cambiano per sempre la forma dei nostri sentimenti. E poi ci sono colori, suoni, oggetti, case, libri, vite che si incontrano per ragioni a noi sconosciute e creano quel teatro incasinato in cui andiamo ogni sera, e che tanto ci piace.
La linea sottile che intercorre tra soffio e vento, tra battito e colpo, tra fiamma e luce condiziona in modo totale le nostre scelte. In un senso che nessuna legge potrà mai regolare.
Quali i tuoi sogni? Quali le tue rinunce?
Una sconfitta ha il sapore amaro dei ricordi. Una vittoria ha la maestosità di un’opera d’arte. Le luci si riflettono sull’acqua che vive, anch’essa, di labili limiti che nessuno riesce a fissare. Barriere di cera che si fondono col calore dei nostri sguardi. Che rispecchiano vortici infiniti nei quali ci gettiamo quando decidiamo di non andare avanti. Allora ci piazziamo ai bordi e accettiamo di rimando ciò che ci capita. Niente più rumori, né pensieri, né parole. Sul cartello scriviamo che non vogliamo più scegliere.
Non c’è miglior caos di quello che ci ritroviamo ad affrontare quando decidiamo di non vivere più in bilico, ma in estasi. Non più nel mezzo, ma di lato. E non ai bordi, di lato. La striscia è continua, e tratteggia percorsi che trascinano i nostri corpi come burattini.
Camminavo tra nuvole e scale alla ricerca di un posto in cui sedermi. Ho trovato una fonte d’acqua. E come un narcotico paradiso ha deciso di trattenermi lì. Mi sentivo incatenato. Poi è arrivato il vento. Se solo fossi scappato. Se solo avessi scelto. Ora non posso più cadere.
Fa paura da ascoltare, il silenzio dei pensieri.