Alle volte mi capita di associare i libri a delle pietanze. Vi capita mai? Probabilmente è perché sono i due piaceri/bisogni che sento più profondamente, il cibo e la lettura. Questo libro, “Piccoli suicidi tra amici” di Arto Paasilinna, è una cheesecake, quand’ero bambina non era un dolce tanto diffuso e se avessero proposto a me, rubiconda creatura golosa, un dolce al formaggio cosparso di sciroppo credo avrei risposto “Tiramisù, ora, e vergognatevi”. Cosa mi sarei persa…il dolce e l’amaro che si fondono.
Onni Rellonen ed il colonnello Hermanni Kemppainen sono stanchi e disillusi, decidono quindi di abbandonare questo mondo e pur non conoscendosi tentano di compiere il disperato benché educatissimo gesto nello stesso granaio. Si ritrovano perciò a parlare delle rispettive esperienze che li hanno portati alla scelta di porre fine alla loro esistenza. Straordinario scoprire nell’ultimo giorno della propria vita di non essere soli, se non sei unico, se siete in due in un singolo granaio quanti, fuori dallo stesso, saranno quelli che pensano all’identica estrema soluzione? La decisione di fondare un’associazione è naturale, come il successivo passo di pubblicare un annuncio sul giornale. Dopo aver ricevuto circa seicento adesioni e scelto trenta meritevoli di partecipare alla fatale avventura, i novelli tour operator del macabro affittano un pullman al quale danno un nome evocativo, la Saetta della Morte, cercando ora tutti insieme il posto più adatto per fare il salto, letteralmente. Ecco si parte, la Libera Associazione Morituri Anonimi è in viaggio partenza dalla Finlandia meta le strade dell’Europa, da Capo Nord al Portogallo alla ricerca della morte perfetta. Ma la vita si sa è beffarda e si diverte a prenderci per i fondelli, l’esercito dei finlandesi aspiranti trapassati si ritrova a scoprire la gioia che risiede nelle piccole cose, straordinaria banalità, eppure sono certa che anche il più duro tra gli uomini faccia misera figura cercando di non mostrarsi commosso davanti ad un tramonto. Diversa cosa e poi scegliere se guardarlo o lanciarglisi incontro saltando da un dirupo. Si comincia allora a trattenere il fiato aspettando un finale inatteso, e colpo di scena, niente colpo di scena.
Amara la tematica, dolce e delizioso lo stile, tanta ironia che ne rende piacevolissima la lettura, un po’ di cinismo spruzzato qua e la, quel tocco di acidità che evita la discesa negli inferi dell’autocompatimento. Commovente e divertente allo stesso tempo, tragicomico l’incontro tra i protagonisti, surreale quanto basta a farne una favola realistica. Certo non è una trovata originalissima, altri prima di lui, e sicuramente dopo, hanno trattato lo stesso argomento, l’associazione con Hornby ed il suo “Non buttiamoci giù” viene spontanea ma lo stile dei due scrittori è molto diverso e la Finlandia di Arto costituisce un substrato innovativo.
Nascere in un luogo freddo e malinconico può non influire sulla determinazione di porre fine al lungo peregrinare tra le strade del proprio destino? Sono una donna di mare io, non faccio la pescatrice ma il sole e le onde mi riappacificano spesso con i piccoli disastri quotidiani, poi penso alla saudade brasiliana e la mia teoria sull’influenza dello iodio sull’umore cade miserevolmente, si suicida in altre parole.
Su tutto è lecito fare dell’ ironia, la morte va dissacrata, mi piace riderne e terrorizzare i miei dettando spesse volte loro le mie ultime volontà, schernirla è il mio modo di mostrarle il massimo rispetto, proprio perché la temo. Forse scherzarci su è l’unico modo che ho di prenderla davvero sul serio. Ne approfitto, voglio essere cremata e per favore nel forno non fatemi mancare una copia di “Nessuno scrive al colonnello”, vi conviene esaudirmi, non si sa mai, potrei tornare a terrorizzarvi.