Tutti nella vita sono stati bambini. Ma molti di essi non se ne ricordano.
Il piccolo principe è una favola per bambini. Ma tutti dovrebbero aprire questo piccolo scrigno per ammirarne il tesoro, almeno una volta. Antoine De Saint-Exupéry l’ha scritta affinché i bambini potessero riuscire a capire il mondo degli adulti senza esserne spaventati. Ma io sono sicura che dietro tutto questo ci fosse di più, che ci fossero dei consigli, un memorandum che egli voleva dare a se stesso o anche agli adulti stessi che si perdono nella serietà dei loro obiettivi e delle loro riflessioni ormai lontane dal cuore. Già il cuore.
Quando l’autore, in volo col suo aeroplano, precipita nel deserto, ha un incontro che gli cambierà la vita. Il suo compagno di “sventura” diventerà un bambino di sei anni, dai capelli color oro, gli occhi grandi e la corporatura esile. È difficile credere ad un bambino, per giunta uno che fa mille domande ma non ne risponde neanche ad una. I bambini fanno sempre tante domande. Un po’ per curiosità, un po’ per fiducia, ma perlopiù per imparare.
Il piccolo principe è lì perché un giorno ha deciso di partire, affrontare la sua solitudine e imparare e vivere. Egli ha attraversato mondi. Parlato con uomini bizzarri, scoperto e osservato l’animo umano. Poi un giorno è “caduto” sulla terra (“La terra non è un pianeta qualsiasi”) e ne ha conosciuto gli abitanti, i suoi strani abitanti che parlano di tutto. Parlano. Seguono regole, ma sembrano superficiali. Che abbiano dimenticato di esser stati bambini?
“Che buffo pianeta – pensò allora – è tutto secco, pieno di punte e tutto salato. E gli uomini mancano d’immaginazione. Ripetono ciò che loro si dice… Da me avevo un fiore e parlava sempre per primo…”
Fino a quando il suo percorso lo porta all’incontro che cambierà finalmente i suoi pregiudizi e guarirà i suoi malanni, quello con una volpe solitaria e saggia che non cerca altro che un amico col quale poter finalmente instaurare un legame, una persona speciale, quella persona che lo faccia sentire unico.
“Se tu vuoi un amico addomesticami! Cosa bisogna fare? – domandò il piccolo principe. – Bisogna essere molto pazienti – rispose la volpe – In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”.
Riuscendo finalmente a guardare con il cuore, e non con gli occhi. Così come una volta faceva anche l’autore. Quella piccola capacità che ti permettere di tenere unite le cose, di vedere quando c’è poca luce e di abbassare la guardia anche quando non si è soli.
Il viaggio del piccolo principe terminerà grazie all’incontro col serpente che gli mostrerà la doppia faccia del male e al quale il bambino dai capelli d’oro affiderà la sua resa, lasciandosi mordere per poter tornare finalmente a casa. Sulla sua stella.
Una fiaba come questa forse non sarà più scritta, forse diventerà lo specchio degli occhi così ingenui dei bambini che pretendono e forse, esagerando, trovano quanto di bello ci sia nelle piccole cose. Questo libro rappresenta i sentimenti e l’educazione all’amore che tutti dovrebbero avere, il rispetto e la fragilità del rapportarsi a tutte le creature che si affacciano nel nostro mondo. La semplicità nella scelta di un fiore che ci accompagnerà nonostante la lontananza (perché quello non è un fiore ma Il fiore).
La nostra anima che ha scelto un letto in cui essere cullata.
E non importa quanti sforzi possiamo fare per liberarcene, alcune catene sono come fili dorati ultraleggeri che legano in maniera impercettibile.
“Non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”
“Qualche mese dopo la pubblicazione del libro, il 31 luglio 1944, il pilota – poeta Saint-Exupéry farà la stessa cosa. Egli sparirà nel nulla, sorvolando la Baia degli Angeli al largo di Saint-Raphael. Distrazione, incidente, abbattuto dai tedeschi: tutte ipotesi possibili. L’analogia con l’epilogo del racconto non è meno vera.
Il Piccolo Principe «Cadde dolcemente come cade un albero. Non fece neppure rumore sulla sabbia». «Ma so che è ritornato nel suo pianeta – dice il Narratore – perché al levar del giorno non ho ritrovato il suo corpo». Malgrado le ricerche il corpo di Saint-Exupéry non è mai stato ritrovato e non è mai stata ritrovata la carcassa del suo Lightning da ricognizione.
Continuare a vivere senza volare, questo gli volevano imporre ritenendo che a quarantaquattro anni un pilota è già vecchio, era troppo triste. Anche per lui il desiderio della resa è stato troppo forte.”