L’appartamento rispecchiava il suo inquilino.
Un ordine a dir poco maniacale regnava: mobili lucidissimi, sicuramente spolverati da poco, colori dei pensili e delle tende abbinati, e un piacevole profumo di pulito intorno.
La cucina era grande e accogliente, la mia stanza preferita diceva ridendo Thomas. Vi era un bel tavolo rotondo di legno massiccio, attorno al quale si trovavano quattro sedie anch’esse piuttosto robuste. La credenza dove erano riposti i vari servizi di piatti era di fine ottocento, e suggeriva un certo gusto per gli oggetti di antiquariato e per i mercatini di campagna. Di fianco alla credenza c’era l’unico pezzo moderno: un capiente frigorifero sulla cui porta erano attaccati cuoricini calamitati di innumerevoli colori, molti dei quali provenivano dal negozio di Charlotte.
Guardandosi attorno con più attenzione, mentre Thomas le preparava un buon caffè, la ragazza si rese conto che vi erano oggetti a forma di cuore ovunque: cornici appese alle pareti, lavagnetta per la lista della spesa, un posacenere di vetro soffiato che pareva mai utilizzato, e soprammobili di tutte le grandezze e dei materiali più disparati.
Thomas notò lo sguardo un po’stupito della ragazza e la invitò a visitare il resto della casa, ricordandole che mai le aveva celato la sua passione per quel genere di oggetti. Glielo disse con un tono vagamente infastidito, come se l’aria perplessa di Charlotte di fronte alla sua singolare collezione, lo avesse offeso.
Io allora proseguo esordì Charlotte, che non aveva detto una parola da quando era entrata nell’appartamento.
Anche il suo tono era diverso dal solito, si sentiva un po’ a disagio. Non aveva potuto non notare l’atteggiamento seccato del ragazzo, e le sembrava un po’ esagerato per la circostanza, poiché non pensava di averlo offeso solo per essere obiettivamente un po’ stupita alla vista di tutti quei cuoricini appesi o posati qua e là per tutta la cucina.
La seconda e ultima stanza che visitò – non si azzardò infatti ad entrare nella camera da letto e nel bagno, luoghi un po’ troppo allusivi secondo la sua rigida educazione di ispirazione vittoriana – era un grande soggiorno scarsamente arredato. C’era un grosso divano rosso e un tavolino rettangolare in legno ai piedi di esso. Di fronte c’era una libreria in noce massiccio i cui solidi ripiani erano prevalentemente occupati da tante diverse edizioni della Bibbia, testi religiosi, raccolte di parabole cristiane. Questa vista risollevò l’umore di Charlotte, che malgrado non avesse ben compreso lo strano nervosismo del suo amato continuava ad apprezzarne la ricca cultura e la tensione religiosa.
Dio è ovunque in questa casa. Dio è qui con me e Thomas.
Quando si voltò per tornare in cucina, notò un grosso mobile bianco nascosto dietro la porta del soggiorno, sistemato in modo tale da bloccare la completa apertura della porta stessa. Le sembrava strano che Thomas avesse scelto un mobile bianco, dato lo stile raffinato dell’arredamento, il legno massiccio, lucido, sicuramente costoso, ma quando per uscire dalla stanza si avvicinò ad esso, si rese conto che non si trattava di un mobile di cattivo gusto: era un grosso congelatore, uno di quelli che si aprono dall’alto.
Ma a cosa gli serviva un congelatore così capiente se viveva da solo?
Per qualche motivo le venne la tentazione di aprirlo per curiosarci dentro, ma come fece per afferrare la maniglia lui le si parò davanti, con un vassoio sul quale poggiavano due tazzine da caffè.
Il caffè è pronto, Charlotte. Che cosa stavi guardando?
Aveva ancora quel tono seccato, non aveva abbandonato quello strano atteggiamento da quando erano entrati in casa.
Stavo…ho notato quel grosso congelatore. Mi sembra un po’ fuori luogo qui e poi a cosa ti serve? Fai spese abbondanti?
Il tutto pronunciato con un tono ironico e scherzoso, giusto per spezzare quella tensione che si era creata tra loro due per chissà quale motivo.
C’è della carne che ho congelato tempo fa. Quanto zucchero nel caffè?
Aveva cambiato discorso, ma le sorrise.
Charlotte si era tranquillizzata ora che anche Thomas sembrava meno nervoso, e i due parlarono del più e del meno, dalla loro infanzia, alla musica preferita, con un inevitabile anatema lanciato sulla musica moderna, ammaliatrice di giovani dalle scarse idee e dai pochi contenuti, alla religione, alla pulizia morale necessaria per sopravvivere nella corruzione dei sensi quotidiana, e bla bla bla.
Fino a parlare di questioni di cuore.
Thomas hai mai amato una donna? Intendo dire amato davvero.
Certo Charlotte, però credo di essermi sbagliato ogni volta che ho amato.
Cioè?
Significa che la persona poi non era esattamente quella che mi aspettavo.
Che vuoi dire?
Charlotte si sentiva tra il sorpreso per questa affermazione che non coglieva, ed il curioso.
Intendo dire che a volte le persone si presentano in un certo modo, fingono di dimostrarsi serie e corrette, e poi si rivelano diverse, completamente diverse.
A queste parole Thomas si fece nuovamente nervoso, la voce gli tremava, e il viso si fece d’improvviso rosso ma, anche se visibilmente stressato dall’aver toccato quell’argomento, esprimeva senza dubbio la volontà di approfondire il discorso, come voler dire a Charlotte “guarda di che pasta sono fatto”.
Continua, ti ascolto, disse lei, educata e composta.
Vedi, Charlotte, tutte le donne dovrebbero concentrarsi sulla loro integrità, adottare un comportamento decoroso in pubblico, fare attenzione a come si esprimono, soprattutto in presenza degli uomini, perché sai…voi donne se riuscite a superare la corruzione di questo mondo, siete esseri perfetti ma se, al contrario, cadete anche voi come caddero gli angeli dal cielo, riuscite a trasformarvi negli esseri peggiori.
Forse intendi parlare delle donne facili, senza scrupoli, che passano da un uomo all’altro, chiese una Charlotte confusa da quelle parole un pò troppo severe, perché se parli di quel tipo di donna sono assolutamente d’accordo con te. Noi donne, se cadiamo, poi non ci rialziamo più.
Bè, si certo, parlavo anche di quelle.
Anche? Che vuoi dire con “anche”?
Non importa cosa voglio dire il suo tono adesso era decisamente seccato, che ne dici se ascoltiamo un po’ di buona musica?
Certo, mi farebbe molto piacere, rispose Charlotte, adesso preoccupata per lo strano ed ulteriore sbalzo d’umore di Thomas, ma ho un po’ di mal di testa, e credo sia meglio per me andare a casa.
Ma che c’é, Charlotte, stavi benissimo sino a qualche minuto fa. Ho detto forse qualcosa che ti ha offesa? Se è così ti chiedo scusa angelo mio…ma dimmi, che cosa ti fa soffrire così??!!
Quelle parole, inutile dirlo, commossero la ragazza, che non si sentì di mentire all’uomo che amava.
Non vorrei che tu mi considerassi una donna poco seria sai… per il fatto di essere qui con te, che sei così pulito….tutte le cose che hai detto sulle donne… mi rendo conto che hai pensieri e sentimenti sublimi. Io non so più se sono alla tua altezza.
Ma cosa ti salta in mente??! Tu sei l’essere più puro che mi sia mai capitato di incontrare. Tu una donna perduta?? Charlotte, ma come puoi pensare che io abbia questa opinione di te… le donne di cui ti parlavo, e che ho incontrato nella mia vita, si sono rivelate esseri deboli di fronte alle corruzioni dell’animo.
Che hanno mai fatto? chiese Charlotte mentre Thomas le teneva la mano in un gesto tenero e privo di malizia.
Ti hanno forse tradito???
In un certo senso si, lo hanno fatto, hanno tradito l’idea che mi ero fatta di loro, la fiducia che avevo riposto in questa idea.
Di nuovo quell’atteggiamento strano, la faccia divampava come per un improvviso calore, le mani, Charlotte lo poteva distinguere nettamente, iniziavano a sudare.
Ammutolita lo guardava dritto negli occhi, provando quasi una sorta di compassione per lui.
Povero Thomas, chissà che donne perfide deve aver incontrato lungo la sua vita…ma adesso ci sono qua io che lo amerò e lo proteggerò.
Col cuore in mano, lo amerò come merita.
Spinta da quel’improvviso desiderio di protezione nei confronti dell’uomo seduto al suo fianco, gli si avvicinò e lo baciò dolcemente sulle labbra stringendolo a sé.
Al suo petto.
Fu l’ultima cosa che fece in vita sua.
Thomas la staccò con forza da sé.
Gli occhi erano pieni di rabbia, rossi come le fiamme.
No!!! Non puoi averlo fatto anche tu!!!! Anche tu!!
E con una mano, dopo averla spinta all’indietro, la bloccò sul divano mentre con l’altra le teneva la bocca chiusa.
Puttana!! Puttana, brucerai all’inferno, sei una puttana anche tu, me lo diceva sempre mia madre!!
Siete tutte puttane!!!!
Mentre Charlotte si dibatteva inutilmente, cercando in qualche modo di divincolarsi da quella pressione Thomas con un pugno violentissimo le colpì il torace e glielo sfondò.
Sangue ovunque, gli occhi di Charlotte sbarrati nella frazione di secondo che la separava dalla morte, quasi più per l’incredulità di fronte a quel gesto che per il dolore atroce che doveva provare.
Con la mano ancora affondata nel suo petto le estrasse il cuore. Era caldo. Troppo.
Gli diede fastidio, e se ne liberò gettandolo sul tavolino di legno pregiato di fronte al divano.
Si alzò da sopra di lei sospirando deluso.
Ancora una volta una puttana, continuava a borbottare visibilmente seccato.
Ma che diavolo si credeva di fare?? Lo aveva baciato, quella puttana.
Tutte uguali le donne, hanno un fuoco nel ventre.
Prese il cuore di Charlotte, andava conservato in un luogo fresco.
Andò in cucina, lo appoggiò sul lavandino, facendo attenzione a non farlo cadere, poi si lavò le mani.
Prese della carta di alluminio, di quella per gli alimenti da congelare.
Vi fasciò il cuore ancora gocciolante e andò verso il salotto.
Chiuse la porta così da farsi spazio ed aprire il congelatore.
Vi mise il cuore dentro, vicino ad altri numerosi cuori umani strappati a chissà chi.
Poi prese il telefono portatile e si sedette sul divano, di fianco al cadavere di quell’ultima sventurata.
La guardò con disgusto, perché per la prima volta Charlotte aveva un’aria così disordinata, inappropriata.
C’era voluta la morte per spettinarla.
Compose il numero della Clinica dove soggiornava la madre.
Era un luogo tristemente noto, un manicomio criminale finanziato dallo Stato per malati psichiatrici gravi che avevano commesso i delitti più vari e che, per ovvie ragioni, non potevano essere detenuti in carcere come gli altri comuni delinquenti.
La madre vi era stata rinchiusa dopo aver barbaramente assassinato il povero marito: gli aveva strappato via il cuore dopo averlo pugnalato di fronte al figlio quando questi aveva solo 10 anni.
Si era giustificata agli occhi del figlio con le mani sporche di sangue e gli occhi fuori dalle orbite per l’eccitazione dicendo che il padre si era sempre comportato come un uomo senza cuore, e che quindi lei non poteva fare altro che strapparglielo via. Non se lo meritava quel cuore.
Vorrei parlare con la paziente della stanza numero 23.
La centralinista passò la telefonata all’interno richiesto, dove rispose l’infermiera che aveva appena somministrato le medicine all’anziana donna.
Si, certo, gliela passo subito ma le devo chiedere di non trattenersi a lungo, i sedativi faranno presto effetto.
Certo, devo dire solo due parole a mia madre.
Mamma, scusa se ti disturbo. E’ solo per dirti che anche Charlotte ha…sbagliato.
Oh, tesoro mio come mi rattrista…ma tu stai bene?
Si, sto bene. Poi ho fatto come al solito.
Bravo, piccolo Tommy!!! Ma giurami che non insozzerai la cucina come l’ultima volta! Misericordia, ora ci sarà da pulire tutto quel sangue….e ti sento così stanco, bambino mio……mi fai sempre preoccupare quando esci con una ragazza nuova!
Promettimi che pulirai bene tutta la cucina, promettimelo!
Stai tranquilla mammina, ci penso io. Te lo prometto.