Ci crediamo tutti esseri sensibili, siamo forse più spesso degli specchi. Il processo attraverso cui ci riconosciamo nell’altro, ed attraverso questo riconoscimento reagiamo di conseguenza alle circostanze nel modo più appropriato è ciò che ci rende propriamente umani. Proviamo solo per un attimo a pensare di non essere in grado d’interpretare le altrui espressioni facciali, di non essere in grado di collegarle ad uno stato d’animo, di non essere capaci di cogliere sfumature linguistiche, modi di dire, similitudini e metafore. Saremmo forse a quel punto degli alieni sul nostro stesso pianeta. Christopher Boone ha 15 anni, 3 mesi e 3 giorni, ed è un alieno. Ha il numero giusto di arti, non ha squame o pinne, niente tentacoli ma risulta agli occhi di chi lo guarda un diverso. Lui stesso non vivendo il fenomeno del riconoscimento nell’altro non è capace di “funzionare” come tutti noi. Lui non è uno specchio.
“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon è la storia di un ragazzo incapace di rapportarsi alle persone in modo convenzionale, un ragazzo speciale si direbbe in tempi di politically correct, semplicemente una persona diversa che vive una condizione di handicap che gli rende impossibile cose comuni a tutti. Odia essere toccato. Odia il giallo ed il marrone. Non gli piace si mutino l’ordine di cose e di programmi. Agisce manifestando numerosissime altre stereotipie. Possiede un concetto della verità che è molto più pregnante di un imperativo categorico. Persino con il padre e con la madre non riesce a stabilire un usuale rapporto affettivo. I genitori soffrono profondamente. Si può voler bene a qualcuno completamente incapace di ricambiare il nostro affetto? Il nostro atipico protagonista scopre nel giardino della vicina il cane di questa assassinato, decide di indagare. Appassionato di matematica e di astronomia, non ama i romanzi. Per lui l’immaginazione è una bugia, le bugie terrorizzanti. Gli piacciono i gialli però, che potrebbero in un certo senso essere paragonati a dei problemi matematici. Tesi, ipotesi, soluzioni. Christopher decide quindi di scrivere un libro sulla sua indagine, ordinato rigorosamente con capitoli che procedono per numeri primi. Ha una profonda ammirazione per Sherlock Holmes, individuo capace di estraniarsi dalla realtà e di arrivare ad un punto di massima concentrazione. È proprio attraverso l’investigazione ed a causa di questa che Christopher si trova, suo malgrado, a scardinare molte delle sue certezze ed è costretto ad entrare in contatto con estranei e posti nuovi, due delle cose che odia di più. Scopre delle verità dolorose ed inaspettate tali da renderlo non certo un individuo sano ma sicuramente più coraggioso.
Il libro ha sollevato qualche polemica circa il modo in cui l’autore ha descritto la malattia, polemiche che ho trovato piuttosto inutili. Dubito Mark Haddon si fosse prefissato l’obiettivo di pubblicare un saggio scientifico. Scritto in prima persona, il narratore è il “diverso” , questo obbliga il lettore all’abbandono della propria visuale e all’adozione invece di quella di qualcuno i cui schemi mentali appaiono così estranei ai propri. A tratti ho trovato superflua la necessità avvertita dall’autore di far giustificare al protagonista il suo modo di comportarsi. Quasi a rompere lo sforzo del fruitore della sua opera di abbandonare sovrastrutture che gli rendono difficile comprendere perché una persona possa decidere di non mangiare cibi gialli, di affidare la qualità di una giornata al numero di auto di uno stesso colore viste dal finestrino di un pulmino. Lungi da me sostenere che il diverso non esiste. Esiste finanche un concetto di normalità, purchè lo si intenda proprio di ogni individuo, ed il cui contrario non debba essere necessariamente anormalità. Avere paura di ciò che non ci rassomiglia non è sbagliato, è l’approccio che si ha che fa di un individuo un essere pensante e non uno specchio. La diversità non si accetta o si tollera, la si riconosce, la si apprende.Il malato mentale genera timore, perché non dovrebbe? Sarebbe forse più consono non agire come animali spaventati ma come individui coscienti camminando al fianco di chi non è simile a noi, potrebbe anche donarci qualcosa. Lo so, mi è scappato un pizzico di politically correct.
[in foto: “Persi nel buio” di Gianpaolo Arionte]