“Venite da lontano?”
“No, da Napoli”
“Emigrante!”
“No, no. Cioè io c’ho pure un lavoro a Napoli… una cosa normale.”
[…]
“Voi siete napoletano?”
“Si, ma no emigrante signò. No, ccà pare ca ‘o napulitano nun pò viaggià, pò sulamente emigrà, perciò uno esce, nun pò ffà ‘nu viaggio…”
Con una delle sue battute più semplici Troisi (n.d.r. Ricomincio da tre) mostrava le sensazioni e le opinioni comuni di un napoletano in viaggio a Firenze per cambiare vita e fuggire da una famiglia apprensiva e di poche e strette vedute. Son passati anni. Quelle stesse opinioni comuni e sensazioni è facile poterle riscontrare ancora oggi. A pochi giorni dai festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia è d’obbligo citare un saggio dai toni forti e pieni d’amore per un paese che non riesce a vedere nella sua unione un punto di partenza e non un punto di arrivo. Marco Demarco, direttore de “Il corriere del Mezzogiorno” ci regali sorrisi e riflessioni attraverso le sue lunghe e approfondite riflessioni su un paese desigual e ancora troppo radicato in pregiudizi storici e morali. Lo fa coniando un termine che a me fa tanta simpatia (se mi è permesso l’intercalare): TERRONISMO. Un insieme coeso di due fenomeni purtroppo ancora diffusi, da un lato il leghismo impertinente di individui che fanno del pregiudizio un caposaldo, dall’altro il sudismo ancorato ad un orgoglio frutto di chiusura sociale, storica e politica. Questo insieme, questo terrorismo di cui ci parla Demarco non fa altro che accentuare ed aumentare le distanze all’interno di uno stesso paese che non vede l’ora di buttarsi alle spalle un passato smorzato e tagliente per guardare ad un futuro unito. Già, un’Italia Unita che fatica a rimettere insieme i pezzi di un’identità smarrita.
Perché l’orgoglio (sudista) e il pregiudizio (nordista) stanno spaccando l’Italia in due…
Secondo l’autore molteplici ancora oggi sono gli esempi di un razzismo ormai facente parte della nostra cultura, “terronista è anche Luca Zaia quando definisce Pompei «quattro sassi». O Pino Daniele, quando dichiara che Bossi gli fa schifo perché è venuto a Napoli a cantare Maruzzella. È terronista anche Andrea Camilleri, quando nell’ora più nera dello scandalo rifiuti a Napoli scrive sull’«Unità» un dolente articolo per denunciare che al tempo dell’unificazione in Sicilia c’erano ottomila telai, tutti fatti sparire a vantaggio di quelli di Biella. «Io capii solo che i siciliani tessevano più e forse meglio dei biellesi. Mi lasciò invece basito il fatto che a Napoli non si penasse tra cumuli di pattume e miasmi e Camilleri tentasse di spiegare tutto con i suoi telai. Non afferravo il nesso. Se a lui fossero rimasti i telai, a noi avrebbero tolto l’immondizia?».
Ma Demarco non intende condannare nessuno, né iniziare una crociata contro nord o sud. Il nord e il sud esistono nella distinzione geografica di un paese, non politica, non sociale. Ma com’è possibile scindere questo binomio dopo anni di lotte che altro non hanno fatto che unire un paese senza mai affrontare e superare i suoi limiti? Come spiegare che un giovane napoletano a Firenze non è lì per “rubare” lavoro e che un milanese non guarda Palermo come il fondo di un bidone in cui gettare rifiuti?
“Io, la duosicilianità, ce l’ho nel sangue. Sono nato a Napoli, ex capitale del Regno delle Due Sicilie, e ho vissuto per anni in un angolo di Sicilia agrigentina, in una casa che odorava di zucchero a velo e di lino bagnato. Pur avendola nel sangue, spero che la duosicilianità non mi vada alla testa, che resti lì dov’è, buona buona, senza invadermi.”