(Laura Beatrice Oliva Mancini)
Oltre ai più famosi eroi del Risorgimento italiano, ci sono donne patriote che hanno contribuito attivamente alla vita politica dell’epoca, battendosi per far valere i propri ideali e contribuendo esse stesse all’unità d’Italia.
Adelaide Cairoli (Milano 1806-1871): figlia maggiore di Francesca Pizzi e del Conte Benedetto Bono di Milano, a 18 anni sposò Carlo Cairoli, professore di chirurgia di Pavia, di sentimenti patriottici. Adelaide Cairoli era un donna di una vasta cultura, curò lei stessa l’educazione per i figli indirizzandoli all’amore per la società e la patria. Finanziò giornali patriottici, ospitava un salotto politico-letterario, manteneva una corrispondenza con gli intellettuali del periodo. In sua memoria, nel 1875, venne inaugurato un monumento a Gropello Cairoli, in provincia di Pavia dove Adelaide fu sepolta. Così scrisse la stessa Cairoli. “Prima ancora dunque che alla causa femminile, io mi ero votata a quella della mia patria e il mio amore per la prima nacque dal mio amore per la seconda”.
Giuditta Bellerio Sidoli (Milano 1824-Torino 1827): era figlia del barone Andrea Bellerio, e a soli 16 anni, sposò Giovanni Sidoli, iscritto alla carboneria modenese. Dopo essere stata in Svizzera con il coniuge in esilio, Giuditta rientrò in Italia per partecipare ai moti di Reggio Emilia del 1831, dove fu proprio lei a consegnare alla Guardia Civica la bandiera tricolore poi esposta sul palazzo del municipio. Costretta nuovamente all’esilio, a Marsiglia ospitò molti esuli italiani, tra questi anche Mazzini, del quale divenne amante e collaboratrice. Proprio con Mazzini, nel 1832, Giuditta fondò il giornale politico ‘La Giovine Italia’, di cui lei fu responsabile e contabile. Dopo un periodo di prigionia, Giuditta nel 1852, si trasferì a Torino, dove diede vita ad un salotto frequentato dalle maggiori personalità risorgimentali dell’epoca.
Enrichetta Caracciolo (Napoli 1821-1901): figlia di Fabio Caracciolo e Teresa Cutelli, nel 1840 fu forzata dalla madre a prendere i voti, ma sei anni dopo ne chiese lo scioglimento a Pio IX, con esito però negativo. Nel 1848 riuscì a far introdurre nel convento dove risiedeva dei giornali liberali, prese una posizione contro i Borbone e contro il fenomeno delle monacazioni forzate. Nel 1860, quando Garibaldi entrò a Napoli, depose il velo monacale sull’altare durante la messa di ringraziamento per la sconfitta dei Borbone. Sposò infine il patriota Giovanni Greuther e pubblicò un libro di memorie che ebbe molto successo, ‘I misteri del Chiostro napoletano’.
Elena Casati Sacchi (Como 1834-Mantova 1882): cresciuta dalla madre Luisa Riva con ideali patriottici, sin dalla giovane età frequentò Mazzini e i suoi più stretti e fidati collaboratori. Nel 1858 sposò Achille Sacchi, un forte sostenitore di Cavour. Elena finanziò con grandezza d’animo le iniziative mazziniane e garibaldine. Promosse l’educazione del popolo, sostenne l’emancipazione femminile ed improntò la vita di coppia sull’ideale della pari dignità dei coniugi e sulla condivisione di cure domestiche ed ideali politici all’interno del matrimonio.
Bianca De Simoni Rebizzo (Milano 1800-Genova 1869): crebbe sola con la madre dopo che perse il padre, capitano nell’esercito napoleonico, quando era ancora piccolissima. Si sposò con il poeta genovese Lazzaro Rebizzo, con il quale compì molti viaggi in Europa. Stabilitasi a Genova nel 1835, aprì il suo salotto frequentato da Bixio, Mameli, affiliati della ‘Giovine Italia’, ospitando in casa anche profughi politici ed esuli dai vari stati italiani, in cerca d’imbarco per l’estero. Si interessò inoltre, della condizione delle donne del popolo e dei bambini, tant’è che fondò un asilo infantile a Genova. Sempre qui, nel 1850, fondò un collegio femminile detto delle ‘Peschiere’; esso però venne chiuso in quanto si sosteneva che si facesse una propaganda liberal-nazionale tra donne all’interno del collegio, per poi essere riaperto dopo l’unità d’Italia, come istituto nazionale femminile.
Laura Beatrice Oliva Mancini (Napoli 1821-Fiesole 1869): figlia di Domenico Simeone Oliva e Rosa Giuliani, a soli 15 anni conquistò la fama di poetessa. Sposò nel 1840 il conte Pasquale Stanislao Mancini. Gli impegni familiari di Laura, non le impedirono di scrivere e pubblicare versi sull’indipendenza nazionale, sulla libertà e sull’emancipazione femminile. Nel 1846, a Firenze, fu salutata da molti letterati come ‘poetessa del Risorgimento Nazionale’. La stampa dell’epoca apprezzò il suo coraggio dopo che scrisse un inno che denunciava l’occupazione di Roma da parte della Francia. Trasferitasi a Firenze con la famiglia, la poetessa ricevette nella sua dimora visite di personaggi del calibro di Giuseppe Garibaldi, Terenzio Mamiani e Guglielmo Pepe.
Anita Ribeiro Garibaldi (Morrinhos 1821-Mandriole di Ravenna 1849): figlia di Bento Ribeiro da Silva e di Maria Antonia de Jesus Antunes, nel 1842, divenne la moglie di Giuseppe Garibaldi, nonché compagna di tutte le sue battaglie. Nel 1840 venne fatta prigioniera nella battaglia di Curitibanos, ma riuscì a sfuggire alla cattura. Nel 1849 era a Roma per la proclamazione della Repubblica Romana, dove combatté a fianco dei garibaldini, i quali però, dopo una lunga resistenza contro gli eserciti francese e austriaco che invasero la città, dovettero ritirarsi dopo la battaglia del Gianicolo. Durante quella fuga, chiamata ‘trafila’, le condizioni di Anita, al quinto mese di gravidanza, peggiorarono, ed è proprio che a 28 anni la donna-guerriero spirò. Nel 1932 furono poste le reliquie di Anita nel basamento del monumento equestre eretto in suo onore sul Gianicolo.
Nina Schiaffino Giustiniani (Parigi 1807-Genova 1841): figlia del barone Giuseppe Schiaffino e Maddalena Corvetto, trascorse l’infanzia a Parigi in un ambiente aristocratico. In seguito si traferì a Genova con la famiglia e sposò a 19 anni il marchese Stefano Giustiniani. Dal 1827 divenne famoso il suo salotto filo-repubblicano nel quale raccoglieva fondi e svolgeva attività di propaganda a favore della ‘Giovine Italia’. Ebbe un fitto rapporto epistolare con Camillo Benso, conte di Cavour, con il quale nacque un forte sentimento di amicizia. Nina morirà suicida all’età di 34 anni.
Laura Solera Mantegazza (Milano 1813-Cannero 1873): sposò ancora giovanissima Giovan Battista Mantegazza, e fu, insieme a Teresa Confalonieri ed Adelaide Cairoli, una delle donne più attive a favore del progresso dell’Italia. Durante le 5 giornate di Milano soccorse i feriti, nel 1850 fondò il primo ricovero per bambini lattanti, non solo di Milano ma di tutta l’Italia intera e nel 1870 fondò sempre a Milano, la prima scuola professionale femminile d’Italia. Dopo la morte, le sue seguaci continuarono la sua opera aprendo scuole e ricoveri in ausilio delle ragazze più povere. Per opera del municipio, nella sua casa milanese, si fece murare una lapide marmorea con su scritto. “In questa casa abitò molti anni e istituì il primo ricovero dei bambini lattanti, Laura Solera Mantegazza, vera madre del povero”.
Cristina Trivulzio Belgiojoso (Milano 1808-1871): nacque da Gerolamo Trivulzio e Vittoria dei Marchesi e nel 1824 sposò il principe Emilio Barbiano di Belgiojoso con il quale però si separò pochi anni dopo. In seguito all’arresto del patrigno, Cristina si avvicinò alle persone più coinvolte con i movimenti per la liberazione. I suoi averi erano stati congelati dalla polizia austriaca, e il governo di Vienna attuò una vera e propria attività di spionaggio nei suoi confronti. Sbarcata a Parigi, si guadagnò da vivere cucendo. Qui diede vita ad uno dei salotti d’aristocrazia, dove si venivano a trovare esiliati italiani, per i quali lei era la referente parigina, e membri della borghesia europea. Cristina inoltre, fu editrice di giornali rivoluzionari. Non lesinò ad offrire soldi in ausilio degli esuli italiani, organizzando anche moti ribelli, come quando donò 30.000 lire per finanziare il colpo di mano mazziniano nel regno di Sardegna, per la quale occasione lei stessa aveva ricamato le bandiere degli insorti. Nel 1848, era a Napoli durante l’insurrezione partenopea che portò poi alle 5 giornate di Milano; decise di partire proprio alla volta di quest’ultima città, pagando il viaggio ai 200 napoletani che decisero di seguirla tra i circa 10.000 patrioti che si erano ritrovati sul molo per augurarle la buona sorte. Durante l’insurrezione romana del 1849, le fu assegnato il compito dell’organizzazione degli ospedali. Dopo la sua morte, nessuno dei politici d’Italia partecipò ai suoi funerali.
Ci tengo a sottolineare che ho potuto constatare di persona che in alcune delle enciclopedie italiane più rinomate, a differenza dei patrioti uomini, gran parte dei nomi sopracitati, o non sono neanche menzionati, o invece, laddove vi è la voce ricercata, vi è una semplice nota biografica che non approfondisce minimamente il ruolo svolto dalla patriota negli avvenimenti storici. Tale fatto, in tutta sincerità, lo trovo assurdo e fortemente paradossale.