In questa settimana sono sbarcati sulle nostre coste migliaia di tunisini e di maghrebini in fuga dai loro paesi che si stanno ribellando nei confronti dei loro dittatori. E quasi certamente il flusso non tenderà a fermarsi subito. “Se va avanti così potremmo arrivare anche a 80mila arrivi nel giro di un mese” ha dichiarato in settimana lo stesso ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Ci troviamo evidentemente in una grande situazione di emergenza che non va sottovalutata né tantomeno affrontata con superficialità. Perciò non vorrei che i nostri politici cadessero nell’errore, come purtroppo già è avvenuto qualche settimana fa, di approfittare di questa situazione per attaccarsi l’uno contro l’altro o per fare inutili proclami. Così come non vorrei che si alimentassero quei timori e quelle paure nei confronti di coloro che sbarcano sulle nostre coste per fuggire dalla loro disperazione. Indubbiamente bisogna operare dei controlli onde evitare che nel nostro Paese arrivino criminali, ma bisogna cercare di far capire alla gente che non si può generalizzare e giudicare gli sbarcati con superficialità e senza cognizione di causa. Purtroppo in settimana non è mancata la notizia di cronaca riguardante tre ragazzi usciti dal Centro di accoglienza di Lampedusa che hanno rapinato un 15enne del luogo. Episodio da condannare, ovvio, ma che non deve alimentare intolleranza nei confronti di coloro che arrivano qui con la speranza di costruirsi una nuova vita.
Ed allora, a tal riguardo, non dimentichiamoci della ‘grande emigrazione’ italiana, quando si abbandonava, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del ‘900, il Belpaese, alla volta delle Americhe in cerca di fortuna. E non dimentichiamoci che sempre verso la fine del XIX secolo, vi fu anche un’emigrazione verso l’Africa che riguardò principalmente l’Egitto, la Tunisia ed il Marocco. E’ proprio dai primi due paesi che stanno arrivando in questi giorni qui in Italia migliaia di profughi. Non dimentichiamoci che anche negli anni Ottanta si continuava ad emigrare soprattutto in Canada e negli Stati Uniti, e che nella seconda metà del XX secolo l’emigrazione italiana riguardò principalmente stati europei come Francia, Svizzera, Belgio e Germania. Con quest’ultima lo stato italiano, nel 1955, firmò proprio un patto di emigrazione con il quale si garantiva il reciproco impegno in tale materia. Non dimentichiamoci che da emigrati italiani in America sono nati alcuni tra i maggiori gangster e che anche noi italiani abbiamo subìto episodi di razzismo ed ancora oggi aleggiano stereotipi in cui ovviamente noi non ci riconosciamo.
Pertanto prima di giudicare, prima di emettere delle sentenze nei confronti degli immigrati che giungeranno qui in Italia nei prossimi giorni ed in futuro, non dimentichiamoci di essere figli di emigrati.