Nato il 15 novembre 1920 a Comiso (Ragusa: qui), Gesualdo Bufalino si rivela al mondo intero in maniera del tutto inusuale: diventa infatti famoso per la sua opera maggiore “Diceria dell’untore” (1981) a sessantun anni.
La vita di Bufalino, in realtà, non fu mai molto facile, inoltre già accadde in passato ad autori come Italo Svevo o Tomasi di Lampedusa di raggiungere la notorietà in vecchiaia o addirittura dopo la morte.
La sua passione per i libri fu ereditata dal padre, fabbro con una particolare propensione alla lettura, tanto da avere in casa una biblioteca di tutto rispetto, a cui il piccolo Gesualdo attingeva senza fare troppi complimenti: addirittura, racconta l’autore, per lungo tempo si divertì ad aprire a caso un vecchio vocabolario per apprendere il significato dei vocaboli più svariati.
Nel 1939 Bufalino incontrò Benito Mussolini, il quale gli consegnò il premio di prosa latina bandito dall’Istituto nazionale di studi romani; allora il regime usava questo tipo di cerimonie pubbliche con la partecipazione diretta del duce per chiari scopi propagandistici, con effetti sicuramente suggestivi.
Intraprese poi gli studi universitari a Catania, ma nel 1942 fu costretto a interromperli perché chiamato alle armi; nel 1943, sottotenente in Friuli, fu catturato dai tedeschi all’indomani dell’armistizio, tuttavia riuscì a fuggire e a nascondersi nelle campagne di Sacile, per poi raggiungere gli amici in Emilia, qui riuscì a sfamarsi con qualche tozzo di pane dando lezioni private: era un uomo a cui non sarebbe mai andato giù di chiedere l’elemosina.
Bisogno…sempre, carità…mai!
Alla fine del 1944 si ammalò di tisi e venne ricoverato all’ospedale di Scandiano, dove ancora una volta la strada verso la cultura gli fu indicata per caso: un medico gli mise infatti a disposizione la propria biblioteca privata.
Dopo la Liberazione si recò a Palermo, in un sanatorio della Conca d’Oro, dal quale uscì nel 1946: da questa esperienza nascerà il suo capolavoro.
Successivamente riprese gli studi e si laureò in lettere, nel 1956 provò anche a recitare alcune poesie per il Terzo Programma della RAI, allora la TV era una cosa seria. Ma a questa pur promettente carriera letteraria egli rinunciò quasi subito, il suo spirito era orientato ad una ricerca mistica, lontana dalla mondanità del jet set.
Dal 1947 fino alla pensione si dedicò comunque all’insegnamento in un istituto magistrale, senza mai allontanarsi dal paese natio se non per piccoli spostamenti.
Intorno al 1950 cominciò a lavorare ad un romanzo, la sua chiave per un successo così insperato, tardivo ma travolgente: nacque “Diceria dell’untore”, o almeno la sua bozza; ripreso e portato a termine nel 1971, revisionato in maniera certosina per ben dieci anni.
Scrittore, patriota, ma soprattutto innamorato della cultura, Bufalino intervenne nel 1995 in un’intervista al “Chiambretti Night”, regalandoci un ultimo insegnamento: ancora oggi esso risuona, come un’eco quasi blasfemo in questa realtà senza capo né coda, nelle nostre orecchie. Non potremo tapparcele per sempre:
Disegno di Tullio Pericoli