L’ho chiamato Novecento perchè l’ho trovato nel primo anno di questo nuovo fottutissimo secolo, no?…andrà lontano con un nome così
Attraverso queste battute del marinaio di colore Danny Boodman viene presentato Novecento, il neonato del piroscafo Virginian che farà dell’imbarcazione la sua casa senza mettere mai piede sulla terra ferma.
Novecento è un monologo scritto da Alessandro Baricco dove il narratore è un amico di Novecento o meglio uno dei trombettisti dell’orchestra della nave dove anche il protagonista comincia a prendervi parte: è così che si conoscono ed è così che vivranno insieme lì, tra le onde del mare; il vero nome dell’eccezionale pianista è in realtà Danny Boodman (così come colui che l’aveva trovato) T.D. Lemon ( dove T. D. sta per Thanks Danny e Lemon indica il luogo dove è stato trovato, in una cassetta di limoni appunto) Novecento (dal tempo in cui è stato trovato).
Negli occhi della gente si vede quello che vedranno non quello che hanno visto”
Questa citazione del libro di Baricco è perfetta per descrivere la vita e lo stile di Novecento: lui non ha visto grandi cose, anzi, non è mai sceso da quella nave, non ha mai smesso di danzare con le onde, non ha mai voluto veramente vivere i posti che con la sua mente immaginava e con le sue parole raccontava. No, non ne aveva bisogno;
Lui sapeva esattamente di cosa parlava, i colori, gli odori, i riflessi della luce sulle cose, anche se gran parte di quelle cose non le conosceva…non con il corpo, ma con l’anima, la sua anima, quella stessa che gli aveva regalato la grazia e il talento da quando ad otto anni aveva appoggiato per la prima volta le sue dita sulla tastiera di un pianoforte senza allontanarvisi più.
In meno di cento pagine Baricco ci presenta il suo pianista capace di deliziare ed emozionare con la sua musica, di viaggiare stando sempre sul piroscafo Virginian , di scegliere, dopo esser nato da emigrati poi spariti, di appartenere al mare e non alla terra.
Il mondo magari non lo aveva visto mai. ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l’anima
Una volta, una sola, Novecento aveva pensato di scendere dal piroscafo, di visitare New York: gli bastò una sola occhiata dalla nave stessa per voltare le spalle e ritornare nel suo nido; non aveva fine? dov’erano i confini?
Provo ad immaginare il personaggio; provo a mettermi nei suoi panni: è impossibile avere confini per noi del suolo, per noi delle metropoli; ma chi nasce e vive in una realtà fatta di legno, di angoli aguzzi, di limiti.. come può adattarsi al resto? Novecento scegli di vivere in quel mondo o di non vivere rimanendo nel suo presente ovattato, legato alla sua prima madre, alle radici che ha ancorato su quella nave…
Nel suo destino si mescolano paure, illusioni, musica…e questo è straordinario perchè fin quando riuscirà a suonare, ad alimentare la sua arte allora avrà sempre qualcosa da raccontare, avrà sempre qualcuno pronto ad ascoltarlo continuando a lasciarsi cullare dal suo oceano…