Questa volta non vi farò leggere alcuna poesia in particolare né parleremo di un autore, di una vita, o di una corrente che ha riempito con vigore e violenze determinati momenti storici, umani; la poesia in sé è la protagonista, l’agognata maestra, la bambina che gioca ed è vecchia, inconsapevole che la sua unica possibilità è di uscire dai templi di cristallo e croci, di carta ammonticchiata e polverosa, oppure di rosei visetti arrotondati e capelli arruffati, dai paesi vicini e sporchi, e sovraffollati, e creatori di basi di lancio per giovani insoddisfatti e volenterosi ed ipermetropi.
“con riguardo, con sessuale stanchezza,
i baci i baci,
con la pelle macchiata
le trombe veloci e sonanti
ed il sudore che cola dalle maniche ardenti;
– vegetale fedele, non s’affanna
né per noi né per sé -.
Sto creando, attenzione, non contorcere lo sguardo e la bocca!
Non stiamo rimpiangendo l’incapacità che si ha di assorbire, di interiorizzare, di catturare l’interesse, ma forse solo l’inconsapevole volontà che hanno le persone che adesso si avvicinano alla poesia, alta che sia, moderna oppure no. Cosa ci fa destreggiare all’interno dei versi? cosa ci trasporta da un pezzo bianco del foglio all’altro? in quella striscia infinita che è solo spezzata dall’occhio e dal foglio?
Creare uno dei mondi possibili, oppure crearne tra questi il più perfetto?
Descrivere tra questi squarci che conosciamo le nostre visioni?
Creare visioni?
Visionare mondi mai possibili?
A cosa ci conduce leggerne?
Perfettamente sappiamo che le immagini degli scrittori si sovrappongono alle loro pagine più belle, più pregne, più dolorose per loro e non sempre per noi…
parlare delle loro vite è sempre di grande aiuto, di grande interesse, ci fa spesso sorridere o meravigliare di come siano potuti approdare a quelle stesse parole, alle volte ci fanno semplicemente annoiare, e non comprendere come vite tanto banali abbiano potuto generare simili meraviglie. Ma il lettore si sente spesso in dovere di scacciare il poeta stesso e leggere da solo rubandone le parole e le idee, o meglio quel che crede di aver intravisto, mettendo alla luce così ennesime possibilità poetiche neanche immaginate dall’autore stesso,
e l’ignorare un po’ infantile di chi legge diviene ancora creazione….!
Imponimi un concetto
e lo farò nuovo, mescola
le mie acide scelte
sonnolenti, le divisioni infondate
delle acque meno aspre, lontane,
ancora
quell’infima rimozione di tutti i puntelli forgiati nelle calde camere terrestri;
le finzioni
alienate dalla loro stessa possibilità di forgiare qualcosa di riutilizzabile, di tangibile,
portano
al collasso i respiri come incantati dalle parole speciali delle ultime letture umane,
al giorno
intorpidito, rivendico di tutte le impotenti storie di cantastorie incapaci di muovere dita e mani e pizzicare corde animali in gabbie ferrose;
seguente.