Nel 1913 il pagliaccio e acrobata tedesco Otto Witte era in viaggio di lavoro nei Balcani, quando l’Albania dichiarò la sua indipendenza dall’Impero Ottomano. Un suo compagno circense corse da lui il giorno dopo con un pezzetto di giornale in mano, e gli fece notare una cosa: Otto era praticamente identico al Principe Halim Eddine, prossimo all’elezione come primo capo di Stato dell’Albania appena liberata.
Fu come un lampo. Otto spedì un paio di telegrammi, si fece fare una fotografia, prese due treni in fretta e furia e si precipitò a Tirana: prese il controllo dei militari, arringò la folla in diverse occasioni e in meno di una settimana fu proclamato Re. Per cinque giorni si dilettò tra le fanciulle del suo harem, ordinò amnistie per tutti i prigionieri e distribuì oro e privilegi tra i suoi luogotenenti, e quando da Costantinopoli arrivarono verifiche, scappò più rapidamente di come era arrivato, “per evitare,” lasciò detto, “un bagno di sangue per il mio popolo”. Il suo popolo.
La storia somiglia in modo impressionante alla trama di un film, “Il prigioniero di Zenda”, apparso proprio quell’anno: la cosa non depone a favore di Otto, che fu ritenuto da tutti i suoi amici un povero pazzo millantatore. Inutilmente l’uomo esibiva in giro la sua carta di identità con le occupazioni “acrobata circense” e “Re d’Albania”.
Pareva davvero convinto, e di certo era convincente: figuratevi che alla sua morte, nel 1958, il Time pubblicò un lungo articolo nel quale parlava delle strane abitudini di questo singolare personaggio. Fra tutte, una era davvero divertente e speciale: Witte non accettò mai una sola lettera che non fosse indirizzata a Otto I, ex Sovrano d’Albania.
A conti fatti, un filo in questa storia c’è. Lascio a voi il piacere di trovarlo.