El ingenioso hidalgo Don Quixote de la Mancha. È questo il titolo in lingua originale del capolavoro di Miguel de Cervantes, scritto agli albori del XVII secolo. Il primo romanzo moderno, di certo il più celebrato nella storia della letteratura spagnola. Cervantes ha avuto il privilegio e l’onore di consegnare alla memoria e all’ immaginario comune un personaggio intramontabile, quel Don Chisciotte la cui figura ha assunto una rilevanza ed un significato straordinari, che probabilmente andavano ben al di là delle intenzioni del suo creatore.
Ma quello del tragicomico eroe della Mancia non è certo il primo caso di un processo che nella storia della letteratura è sempre stato un leitmotiv: quella “risemantizzazione” che rende immortali autori, opere e personaggi, li adatta ai tempi e li rende sempre nuovi.
Lo scopo di Cervantes era quello di sottolineare l’inadeguatezza degli intellettuali dell’epoca, in un mondo caratterizzato dal materialismo e dal tramonto degli ideali. Per farlo, si serve del “folle” Don Chisciotte, con l’intento di ridicolizzare i libri di cavalleria e porre sotto la lente d’ingrandimento della satira la civiltà medievale. Don Chisciotte viene stregato dalla lettura dei romanzi cavallereschi e dalle gesta dei poemi eroici: indossa così un’armatura di vecchi rottami; monta su Ronzinante, evidente parodia di Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno; si assicura le prestazioni di un fido scudiero, Sancio Panza, in realtà un’umile contadino; crea nella sua immaginazione la figura di una donna a cui dedicare le sue imprese, Dulcinea del Toboso, contadina che non corrisponde l’amore di Don Chisciotte, che trasfigura la ragazza in una magnifica principessa. Infine, le imprese: mulini a vento che diventano giganti e greggi di pecore che si trasformano in un temibile esercito di Mori, per citare solo le più famose.
Ma Don Chisciotte non è solo questo. La sua follia, il suo deliro, la sua confusione tra realtà e immaginazione è dettata da una sete di giustizia senza eguali. È diventato il simbolo dell’uomo che si batte contro le convenzioni, senza temere di essere sconfitto, sospinto unicamente dai suoi grandi ideali. È proprio l’idealismo la caratteristica predominante di Don Chisciotte; quell’idealismo che riesce, in qualche caso, addirittura a convertire il cinico realismo di Sancho Panza. Il cavaliere errante, da tutti creduto pazzo, rovescia così i termini della sua sfida, che da folle diventa giusta; purtroppo per lui, però, le avventure sono scarsissime. Ed allora saranno la sua visionarietà ed il suo idealismo a crearle.
Misurarsi con Don Chisciotte significa misurarsi con la forza dei propri ideali.
A cogliere in toto la forza di questo messaggio è stato Francesco Guccini, che nell’album Stagioni, del 2000, ha inciso una canzone intitolata proprio Don Chisciotte, strutturata in forma di dialogo tra il cavaliere e il suo scudiero. Splendido il testo, che riflette lo scontro tra idealismo del primo e realismo del secondo, portato infine alle istanze di pace e giustizia da Don Chisciotte.
Nel mondo oggi più di ieri domina l’ingiustizia,
ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;
proprio per questo, Sancho, c’è bisogno soprattutto
d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto:
vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso
l’ho promesso alla mia bella, Dulcinea del Toboso
[…]
Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il “male” ed il “potere” hanno un aspetto così tetro ?
Dovrei anche rinunciare ad un po’ di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà
INSIEME
Il “potere” è l’immondizia della storia degli umani
e, anche se siamo soltanto due romantici rottami,
sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte:
siamo i “Grandi della Mancha”,
Sancho Panza… e Don Chisciotte !